Opposizioni divise. Dal Pd un no secco, Terzo polo cauto
Tra i democratici c'è chi invita al dialogo, ma i big del partito sono allineati. Di Pietro: «La riforma attenta i diritti costituzionali e stravolge la nostra Carta»
ROMA - La mossa della riforma costituzionale della giustizia divide le opposizioni, anche se nessuno offre aperture di credito incondizionate al Governo. Se Idv è monolitico nel suo «no», dal Pd arriva qualche voce in dissenso rispetto alla linea di chiusura del segretario (che peraltro in qualche modo rilancia dicendosi pronto a discutere se viene accantonata la legge costituzionale), mentre il 'terzo polo' ribadisce una disponibilità al confronto, anche se accompagnata da tanto scetticismo. Seguendo un copione abbastanza consueto, insomma, emergono linee diverse, e qualche imbarazzo, tra gli oppositori di Silvio Berlusconi.
Per Idv la questione è semplice: no su tutta la linea, senza troppi distinguo. «La riforma della giustizia è tutto fumo e niente arrosto e non andrà mai in porto, perché attenta i diritti costituzionali e stravolge la nostra Carta», ha detto Antonio Di Pietro.
Ma nel Pd non tutti sono così tranchant: se Dario Franceschini guida gli intransigenti («E' una cinica truffa«), Franca Chiaromonte, area dalemiana, ha invitato a «raccogliere senza paura la sfida del Governo»; concetto analogo a quello del veltroniano Stefano Ceccanti («Non dobbiamo difendere lo status quo, e questo non significa per forza portare i pm sotto l'esecutivo, ci sono altre soluzioni«); e su una linea simile sono gli ex Ppi di Giuseppe Fioroni.
Il fatto è che nessuno dei «big», in questo momento, ha intenzione di rendere esplicite i propri distinguo, perché verrebbe subito accusato di 'lavorare per il Re di Prussia'. Ma anche l'esplicito invito al dialogo che arriva dal Riformista, un giornale che raccoglie la tradizione migliorista di Emanuele Macaluso, viene fatto notare da un dirigente democratico, dimostra che anche in casa democratica la situazione è più articolata di quanto sembrerebbe ad una prima lettura delle parole di Bersani: domani, ragiona il dirigente Pd, c'è la manifestazione per la Costituzione, e giornali come Repubblica 'trascinano' sulla linea dura; passato questo momento, si vedrà in Aula, sarà quello il momento della verità per il Pd. Ecco perché, si spiega, lo stesso Bersani, dopo aver bollato la riforma come «un sasso lanciato nel vuoto», ha poi ricordato che «abbiamo già presentato 3-4 proposte di legge» e se venisse accantonata l'idea della riforma costituzionale il dialogo sarebbe possibile. Concetti ripetuti anche da Andrea Orlando e Nicola Latorre: «Togliamo di mezzo la prescrizione breve di cui stiamo discutendo - ha spiegato Latorre - e agiamo con interventi legislativi di carattere ordinario per rendere più veloce la macchina della giustizia».
Infine, il «terzo polo», che ha ribadito la propria disponibilità a «vedere» le carte, anche se senza entusiasmo: «Noi al tavolo ci staremo, - ha detto Casini - ci sediamo perché il nostro compito anche dall'opposizione è quello di contribuire ad una legislazione migliore, ma con una giusta dose di diffidenza». E Gianfranco Fini ha richiamato la necessità di «riforme condivise», forse un appello rivolto anche al Pd: » «Non è cupidigia di accordi o inciucio, ma è responsabilità definire le regole dello stare insieme non a colpi di maggioranza ma cercando il confronto o la collaborazione di tutte le forze politiche».
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