20 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Politica & Giustizia

Intercettazioni, Berlusconi ha fretta. Si torna alla versione del Senato

Il Premier: «Basta indugi sulla riforma della Giustizia. E' un'emergenza per il Paese, non mia»

ROMA - Fosse per lui, le intercettazioni, andrebbero consentite solo per reati di mafia e terrorismo. Lo ha detto più volte pubblicamente, Silvio Berlusconi. E lo ha ripetuto anche in questi giorni ai vari 'esperti' ministeriali e parlamentari che ha rimesso al lavoro sulla giustizia. Quando ci aveva provato a inizio legislatura era stata la Lega a mettersi di traverso pretendendo che nel testo fossero inseriti anche i reati dei colletti bianchi (compresa dunque quella concussione per cui ora il premier è indagato a Milano). Poi erano arrivati i paletti dei finiani, non ancora 'scissi', e i moniti del Quirinale. Dunque gli emendamenti di Giulia Bongiorno in commissione alla Camera. Ed è lì che la storia del ddl intercettazioni si ferma.

Ma la bufera Ruby, con annesso «sputtanamento» globale ha convinto il presidente del Consiglio della necessità di rimettere in cima all'agenda del governo tutto il pacchetto giustizia. La riforma, tanto per cominciare: il ché vuol dire separazione delle carriere e dei Csm, responsabilità civile dei magistrati, maggiori poteri disciplinari al ministro, inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado. Modifiche che toccherebbero la Costituzione e che per ora sono state oggetto solo di una relazione (approvata all'unanimità) fatta in Cdm dal ministro Alfano. Una decisione last minute, quella di inserire l'esame del provvedimento, sui cui Berlusconi ha molto insistito. Il premier - viene spiegato - da giorni aveva deciso che era arrivato il momento di riaprire il file a lui tanto caro. Difficile non pensare che i rapporti - arrivati al minimo storico - con la magistratura non c'entrino qualcosa. Ma ovviamente non è questa la versione che ne dà il Cavaliere: Adesso basta indugi. E' uno dei cinque punti su cui abbiamo ottenuto al fiducia a settembre - avrebbe argomentato - ed è una riforma che sono i cittadini a volere. Quella della giustizia - avrebbe aggiunto - è un'emergenza del Paese, non mia. E dunque, ora che i numeri della maggioranza alla Camera si vanno ingrossando, Berlusconi si è convinto che è proprio arrivato il momento di tornare a spingere sull'acceleratore.

Ma nei progetti del premier il «pacchetto» è full optional. Raccontano, infatti, che Berlusconi abbia quasi tolto la parola al ministro Alfano durante il Cdm, per spiegare che bisogna essere sprint anche su immunità e intercettazioni. I tecnicismo non sono roba per lui, ma quello che ha chiesto ai 'suoi' è di trovare il modo di mettere un freno alle pubblicazioni degli ascolti. Per questo si sta facendo avanti l'ipotesi (che consente maggiore rapidità) di tornare al testo del Senato, e questo di fatto significherebbe 'cancellare' come se non fossero mai esistiti gli emendamenti firmati da Giulia Bongiorno. Ma la strada è di quelle tortuose, perché sul provvedimento uscito da palazzo Madama erano state fatte pervenire a palazzo Chigi anche le perplessità del Quirinale.

Il rischio di una nuova tensione è dietro l'angolo: d'altra parte durante l'ultimo faccia a faccia il premier, pur garantendo a Napolitano di non aver intenzione di inasprire il cima, aveva di fatto rivendicato il diritto della maggioranza di portare avanti i provvedimenti che fanno parte del proprio programma.