28 agosto 2025
Aggiornato 06:00
Ruby-gate

Parla il contabile del Cavaliere

«Mai tirato fuori un euro senza l'autorizzazione di Berlusconi. I soldi alle ragazze una goccia nel mare degli aiuti. Ruby era molto insistente»

ROMA - «Pagavo, ma solo se autorizzato». I soldi che Giuseppe Spinelli dava ai beneficiati a qualsiasi titolo da Silvio Berlusconi uscivano dalla casse del suo ufficio di Segrate solo previa autorizzazione personale e diretta da parte del Premier. E i versamenti da lui fatti per conto di Berlusconi a Ruby ed altre «ragazze bisognose» erano diretti a «cinque-sei persone fra le tantissime situazioni che noi aiutiamo». A spiegarlo è lo stesso Spinelli - per perquisire i cui uffici la Procura di Roma ha chiesto autorizzazione alla Camera essendo messi nella sua disponibilità dal Premier Berlusconi - in una intervista al Corriere della Sera.

OCCUPARMI DELLE RAGAZZE? SOLO DIECI MINUTI NELL’ARCO DELLA GIORNATA - «Non vorrei - dice fra l'altro- che passasse il concetto che questa delle ragazze fosse una cosa di grande peso: nell'economia della mia giornata occupava dieci minuti, facendo sempre cose per aiutare persone in difficoltà. Secondo me sono cose montate a dismisura perchè c'è di mezzo chi sappiamo...». Spinelli ha ben presente Ruby: «Era molto insistente. Io rispondevo picche e lei telefonava. Io le dicevo aspetta. E una volta che io non c'ero è venuta senza preavviso. Diceva che voleva soldi per un taxi. Le hanno dato 50 euro ma lei ne voleva 100. Ma non è che io butto i soldi così: senza preavviso non do un euro, pagavo solo se autorizzato». E a dare l'autorizzazione poteva essere solo Berlusconi. «Chiedevo direttamente a lui - dice Spinelli - perchè non facevo nulla se non autorizzato».

PRIMA DI APRIRE AI POLIZIOTTI HO TELEFONATO A GHEDINI - Insomma,«ho la coscienza a posto e sono sereno» assicura Spinelli. Al punto che la mattina che per il caso Ruby si vide piombare in casa alle 7,30 di mattina i poliziotti («mica sgarbati, eseguivano solo ordini«), lui agli uffici di Segrate che volevano perquisire forse li avrebbe anche fatti entrare.
«Prima di aprire la porta - racconta- ho chiamato l'avvocato Niccolò e lui mi ha detto di riferire che quell'ufficio è di pertinenza della Presidente del Consiglio e dunque coperto da immunità. Ma io lo sapevo già».