L'ultimo saluto ai militari italiani uccisi
Funerali di stato a Roma nella basilica di S.Maria degli Angeli per i due militari morti lunedì in Afghanistan. Monsignor Pelvi: «Sacrificio non vano»
ROMA - Ha avuto inizio alle 10, alla Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, la cerimonia funebre per il sergente Massimiliano Ramadù e il caporal maggiore Luigi Pascazio, uccisi lunedì scorso nell'ovest dell'Afghanistan.
Presenti, nelle prime file, le principali cariche dello stato e del Governo: tra gli altri, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, i presidenti di Senato e Camera Renato Schifani e Gianfranco Fini, il ministro della Difesa Ignazio La Russa. Per il governo sono anche presenti i ministri Maroni, Bossi, Matteoli, Brunetta, Prestigiacomo, Brambilla, Fitto e Ronchi. Insieme a loro i due sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile. Tra i parlamentari, anche Gasparri, Casini, De Gregorio Fassino e Rutelli e i presidenti delle regioni Polverini, Cota e Zaia.
Accanto ai feretri, avvolti dal tricolore e sistemati al centro della navata davanti all'altare, i familiari delle due vittime. Presenti anche il capo di Stato Maggiore della Difesa Vincenzo Camporini e i vertici delle Forze armate.
Centinaia le persone che hanno preso posto sui banchi della basilica: moltissimi i militari, presenti a titolo personale o in rappresentanza delle Forze armate. Ma numerosa è anche la presenza dei civili, gente comune che ha voluto testimoniare così la propria vicinanza alle famiglie delle due giovani vittime.
Palese la commozione dei presenti: molti gli occhi lucidi e gli sguardi persi nel vuoto, evidente il senso di profondo vuoto che traspare dai volti affranti di molti commilitoni degli Alpini rimasti uccisi nell'esplosione di lunedì.
L'Omelia - Si rivolge prima di tutto alle mamme monsignor Vincenzo Pelvi celebrando, nella basilica di Santa Maria degli Angeli, le esequie dei due alpini, Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio, morti in Afghanistan: «Mamma Laura e mamma Maria la pace di Dio assomiglia a voi mamme quando con una carezza consolate i vostri figli». I due giovani militari, sottolinea l'ordinario militare, «sono vissuti per gli altri e sono morti per gli altri, sapevano bene che la vera disgrazia sarebbe stato morire per niente e per nessuno, hanno scelto di non vivere solo per se stessi». E il loro sacrificio «non è vano».
«Non hanno voluto un'esistenza tesa solo alla propria soddisfazione e alla propria gloria - ha proseguito -, la contraddizione più radicale non è tra vivere e morire ma tra vivere per sè e vivere per gli altri». L'amore «non può essere separato dalla pace» e, ha rilanciato monsignor Pelvi, «la coscienza nazionale di noi italiani si deve irrobustire, siamo un'unica grande famiglia, gli altri non sono nemici, concorrenti da cui difendersi ma il nostro sangue italiano con cui essere solidali».
«Il sacrificio dei nostri militari - ha concluso - non è vano per l'Afghanistan e non è vano per l'Italia perchè ignorare il pericolo terrorista non allontana la minaccia ma la porta dritta alle nostre case».