29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Politica & Giustizia

Da martedì il processo breve in aula

Ma il Senato pensa all'immunità parlamentare. Berlusconi vuole uno «scudo». Il Partito Democratico all'angolo tra Idv e Pdl

ROMA - Martedì alle cinque del pomeriggio inizia la corsa del ddl sul processo breve in aula al Senato, ma è solo il primo passaggio della soluzione finale sulla giustizia, che dovrebbe culminare con una modifica costituzionale che metta al riparo per sempre le alte cariche dello Stato da iniziative di natura giudiziaria. Alla Camera la prossima settimana, infatti, si inizierà il cammino che dovrebbe portare a trasformare in legge il ddl sul legittimo impedimento, mentre al Senato dovrebbe assumere una forma definita la proposta di modifica costituzionale per introdurre la nuova versione dello scudo alle alte cariche. A corollario di tutto, la proposta Chiaromonte-Compagna, per estendere lo scudo a tutti i parlamentari.

IMMUNITÀ - Il quadro è chiaro. Sui due ddl all'esame del Parlamento la maggioranza sembra marciare compatta e la riunione di lunedì prossimo tra tutti i vertici del Pdl servirà soprattutto a mettere a punto gli ultimi dettagli. Sulle due norme, infatti, c'è l'imprimatur del Cavaliere. Sono però due leggi che anche a chi le sta facendo appaiono troppo deboli sul piano della tenuta di fronte alla Consulta: per questo, si lavora alla traduzione del lodo Alfano in norma costituzionale. Ma la ciliegina finale è il lodo Chiaromonte-Compagna per reintrodurre l'immunità parlamentare. E' quello, di fatto, che mette il Partito democratico nella condizione di assoluta impasse. E la riunione di stamattina ha fotografato in maniera impietosa questa realtà.

Dopotutto, sotto quella norma c'è la firma di una senatrice democratica. Per questo il capogruppo Pd in commissione Giustizia Felice Casson oggi non ha potuto far altro che sottolineare che l'iniziativa non è del partito, ma di una singola parlamentare e che comunque non può limitarsi a essere «norma sporadica». Eppure, l'ex pm di Venezia non ha potuto neanche bocciarla, altrimenti avrebbe dato spazio a critiche per mancanza di coesione nel gruppo.

DI PIETRO - Di approvarla apertamente, però, neanche l'idea: subito, l'ingombrante alleato Antonio di Pietro ha iniziato a tuonare. «Noi dell'Italia dei Valori - è infatti il ritornello dell'ex pm - vogliamo essere alleati con il Pd, ma se lo scordano se pensano di poter essere contemporaneamente alleati con noi e fare ammiccamenti con gli assassini della democrazia».
Parole pesanti, quelle di Di Pietro, specie a tre mesi dalle regionali. Alla fine, opposizione limitata, oltre agli strali, a 250 emendamenti per il processo breve e una decina di pregiudiziali di costituzionalità, che in Senato non hanno alcuna possibilità, visti i numeri, di essere approvate. Lunedì toccherà al Cavaliere dettare la nuova agenda per l'inizio dell'anno e ascoltare le modifiche ai due ddl che i suoi consiglieri giuridici stanno studiando per cercare di evitare che le nuove norme possano di nuovo cadere sotto l'eventuale scure della Consulta.