19 aprile 2024
Aggiornato 19:30
Reazioni. Primarie PD

Rutelli: «Con Casini ma non solo e no subito, serve forza nuova»

Intervista a Vespa: «In questi anni il PD ha sprecato patrimonio senza costruirne uno nuovo. Bisognava cambiare tutto»

ROMA - Francesco Rutelli lascia il Pd per andare con Pier Ferdinando Casini? «Con Casini, ma non subito e non solo». Così l'ex vicepremier risponde a Bruno Vespa per il suo nuovo libro Donne di cuori - Duemila anni di amore e potere da Cleopatra a Carla Bruni, da Giulio Cesare a Berlusconi in uscita da Rai Eri Mondadori il 6 novembre prossimo. Ieri, mentre si votava per la segreteria del Pd, Rutelli aveva detto a Vespa di prevedere la vittoria di Bersani e una forte quantità di voti in favore di Ignazio Marino.

BISOGNAVA CAMBIARE TUTTO - «In questi due anni - dice Rutelli a Vespa - il Pd ha sprecato un patrimonio, anziché costruirne uno nuovo. Avremmo dovuto cambiare terreno di gioco, allenatore, squadra, pallone, modulo tattico, perfino i tifosi. Dopo quindici anni era evidente che lo schema dell'Unione era finito. Bisognava cambiare tutto. E invece non è cambiato niente. Il Pd è senza ceti produttivi. Vota per noi soltanto il 13-14 per cento dei piccoli imprenditori. Ne votavano di più per il vecchio Partito comunista. Siamo senza operai, senza ceto popolare. Il discorso che Veltroni fece nel 2007 al Lingotto e una conduzione battagliera della campagna elettorale del 2008 hanno portato il Pd a conquistare un terzo dei voti. Da allora lo stesso Veltroni si è affidato a un eclettismo senza baricentro politico, non è mai più arrivata una proposta chiara».

PERDITA STRATEGICA DI RAPPRESENTANZA - «Gli elettori - aggiunge ancora Rutelli - hanno percepito soltanto un rumore di fondo remoto e confuso. Così, mentre Berlusconi detta l'agenda al paese, nel nostro campo da un lato i moderati sono sempre più attratti da Casini e dall'altro guardano a Di Pietro, che batte solo su un punto - Berlusconi è un mascalzone - e, se incontra sulla propria strada il presidente della Repubblica, non risparmia neppure lui. Nemmeno il Pci si era mai sognato di oscillare tra un laicismo fondamentalista minoritario e un giustizialismo caudillista. Abbiamo subìto - osserva - una perdita strategica di rappresentanza, tanto più grave quanto più sono cominciate le difficoltà del presidente del Consiglio. Per riparare, il Pd si sbilancia a sinistra, e così peggiora la situazione, si isola. Una scelta ancora più assurda nel momento in cui il centrodestra si sbilancia a destra a favore di Bossi, Fini è in grandissima difficoltà e il terreno competitivo diventa quello moderato».