Omelia: Di Lisio operatore pace, dolore nazionale
«Nostri mezzi e strutture sono sicuri, con lui debito infinito»
CAMPOBASSO - «Quello della famiglia di Alessandro è un dolore che attraversa il cuore dell'intera nazione e spinge noi credenti a pregare», ma «non ci lasceremo vincere dall'odio e dalla disperazione. Alessandro è stato un instancabile operatore di pace, anelito indistruttibile del suo cuore, speranza insopprimibile nella sua mente». Così monsignor Vincenzo Pelvi, arcivescovo ordinario militare, nella sua omelia durante i funerali a Campobasso del primo caporal maggiore Alessandro Di Lisio, ucciso nei giorni scorsi in Afghanistan.
«Dinanzi al terrorismo - ha detto il vescovo - c'è quella paura che coinvolge per le numerose morti, il lamento dei familiari, le lacrime dei feriti. Alessandro non se ne è andato, dobbiamo parlare di lui nel presente: c'è ancora e si vede dal suo amore tra noi».
Per Pelvi «la nostra missione in Afghanistan è di pace, porta stabilità e sviluppo, difende sicurezza nostra nazione e intero occidente dal terrorismo globale. A nessuno sfugge la generosità del nostro paese, che anche con risorse economiche sta aiutando anche a ricostruire istituzioni, infrastrutture, economia di quel paese. Purtroppo il terrorismo ha paura degli italiani, perchè siamo un popolo di solidarietà: perciò si disprezza la nostra vita. Ma le nostre forze armate, a cui le istituzioni stanno garantendo ogni sicurezza di mezzi e strutture, continueranno con la determinazione e l'energia di cui si è capaci a salvaguardare quella convivenza umana per ogni cultura, popolo e religione. Le missioni di pace - ha sottolineato il vescovo - ci stanno aiutando a valutare da protagonisti il fenomeno della globalizzazione, non solo un processo socio-economico ma un criterio etico di solidarietà e comunione».
«Nei confronti Alessandro, e di tutti i militari che danno prova di sopportare grandi sacrifici sino al dolore contributo della vita, abbiamo un grande obbligo riconoscenza, un debito di amore infinito: oggi - ha concluso nella diretta del Tg1 - sentiamo tutti il bisogno di un grande silenzio: davanti a questo mistero che ci spaventa e ci addolora sentiamo però che non tutto è finito, anzi siamo qui per pregare l'autore della vita, certi che Alessandro è sorretto nell'abbraccio di Dio».