19 aprile 2024
Aggiornato 22:30

Ricercatori italiani identificano geni dell'infarto del miocardio

Per la predisposizione a infarto precoce o alle ricadute

ROMA - Identificati i geni correlati alla predisposizione all'infarto del miocardio, in particolare, all'infarto precoce o «giovanile», e alle ricadute, il tanto temuto «secondo infarto». Una scoperta tutta italiana,che apre la strada alla diagnosi precoce e alla prevenzione, comunicata al Congresso 'mondiale' dell'American College of Cardiology di Orlando in Florida che chiude oggi i battenti, all'interno della prestigiosa sessione «Most Innovative Findings in Cardiovascular Relevant Practical Applications», dedicata alle scoperte più innovative nel settore cardiovascolare, da Diego Ardissino, Direttore della Divisione Cardiologia dell'A.O. Universitaria di Parma e coordinatore del gruppo gruppo Ateroscerosi, Trombosi e Biologia Vascolare-ATVB. Lo studio internazionale nell'ambito del quale si è svolto quello italiano, si chiama «Myocardial Infarction Genetics-MIGEN Consortium» il più grande condotto finora sui fattori genetici che predispongono all'infarto miocardico ed è stato pubblicato a febbraio sulla rivista scientifica Nature Genetics.

«Col nostro Italian Genetic Study of Early-onset Myocardial Infarction«(studio genetico italiano sull'infarto miocardico precoce) - ha dichiarato Ardissino - abbiamo determinato l'importanza che varianti genetiche nella regione cromosomiale 9p21.3 [il polimorfismo del singolo nucleotide rs1333040] hanno nell'influire sull'incidenza di eventi cardiovascolari avversi, e del progredire di aterosclerosi coronarica, nelle persone colpite da un primo infarto cardiaco precoce (a meno di 45 anni). L'ereditarietà delle malattie cardiovascolari, ha spiegato Ardissimo, pur se chiaramente constatabile, rimaneva scientificamente inafferrabile. «Con il nostro lavoro - precisa - abbiamo concretamente messo in luce che, l'appartenenza di una persona al genotipo rs1333040 accresce significativamente il rischiocardiovascolare, che aumenta, per chi eredita da un genitore il gene della serie 9p21.3, al 19% e, addirittura, al 41% se questa variante viene ereditata da entrambe le linee genetiche, paterna e materna». Secondo Ardissimo se c'è una familiarità accertata di eventi cardiovascolari avversi, il consiglio è di sottoporsi ad analisi genetiche per scoprire se si è portatori dei geni predisponenti, un consiglio rivolto soprattutto ai giovani che si vogliono dedicare all'attività agonistica per evitare morti improvvise in campo di atleti risultati sanissimi a tutti gli altri controlli.

«L'identificazione dei «marcatori genomici» associati ai rischi di infarto miocardico - ha spiegato Ardissino - segna l'inizio di una nuova era, in grado di rivoluzionare la pratica clinica. Infatti determina la conseguente focalizzazione di nuovi bersagli terapeutici, ovvero l'identificazione di nuove terapie e permette l'attuazione di una più efficace strategia di prevenzione, primaria e secondaria.» Secondo il cardiologo la conoscenza delle basi genetiche correlate all'infarto miocardico concretizza per la Cardiologia l'ambizioso obiettivo della medicina personalizzata, vale a dire la medicina modulata sulle specifiche caratteristiche biologiche del singolo individuo. L'applicabilità concreta dello studio internazionale arriva, secondo Ardissino, con lo studio italiano presentato oggi al Congresso. «Nell'ambito del «Progetto Italiano per la genetica dell'Infarto precoce», - spiega lo scienziato - dal 1998 al 2008, abbiamo studiato 1508 pazienti al di sotto dei 45 anni, ospedalizzati per infarto miocardico in 123 Unità Coronariche italiane. Questi pazienti sono stati da noi seguiti per rilevarne gli eventi cardiovascolari avversi e la progressione angiografica dell'ateroslerosi coronaria». Nel corso di tutti questi anni di attento follow up, secondo quanto ha riferito Ardissimo, sono stati osservati in questi pazienti ben 683 eventi cardiovascolari avversi: 77 decessi di origine cardiovascolare, 223 reinfarti e 383 interventi di rivascolarizzazioni coronariche. Le parallele rilevazioni genetiche su questi pazienti colpiti da infarto miocardico in giovane età [prima dei 45 anni] hanno evidenziato che nella regione cromosomica 9p21.3 il polimorfismo del singolo nucleotide (rs1333040) influisce attivamente sulla progressione dell'aterosclerosi coronarica, e sulla probabilità di dover col tempo necessariamente subire interventi di rivascolarizzazione coronarica.

L'importante risultato è stato conseguito utilizzando la genome-wide association study-GWA. Una metodica che permette, partendo dalla mappatura del genoma umano, di individuare comuni varianti genetiche a livello di singolo nucleotide,(Single Nucleotide Polymorphisms, SNPs), più frequentemente e stabilmente presenti nel genoma, utilizzando chip che sono in grado di analizzare sino ad 1.000.000 di SNPs per ogni persona e di individuare piccole regioni del DNA che si differenzino tra i sani ed i malati. Lo studio di associazione caso-controllo, effettuato mediante GWA è stato articolato in 4 fasi: nella prima è stata testata l'associazione tra comuni varianti genetiche, frequentemente rappresentate nella popolazione, e lo sviluppo di infarto giovanile in 2967 casi e 3075 controlli ad essi appaiati; nelle tre fasi successive, gli SNPs identificati nella prima sono stati testati in popolazioni indipendenti, per un totale di 19.492 individui, al fine di eliminare i risultati falsi positivi e selezionare le varianti effettivamente associate allo sviluppo di infarto giovanile. Per il conseguimento dell'importante risultato è stato fondamentale il ruolo dei ricercatori italiani del gruppo Aterosclerosi, Trombosi e Biologia Vascolare-ATVB, del gruppo dell'Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano e della Fondazione Ospedale Maggiore di Milano.