29 marzo 2024
Aggiornato 14:00
Riforma della Giustizia

Giustizia, allarme toghe: Riforme bloccano indagini su poteri forti

Spadaro: «Modificare rapporto PM-PG è infamia costituzionale»

ROMA - Le riforme in materia di giustizia varate dal governo rischiano di paralizzare molte indagini, soprattutto quelle sui poteri forti. E' l'allarme lanciato oggi dall'Anm durante un convegno intitolato proprio «Il Pm e le indagini sui poteri forti». Il punto forse più contraddetto è la modifica dei rapporti tra polizia giudiziaria e Pm, contenuto nel ddl che modifica il processo penale.

«Il Pm - dice Luca Palamara, presidente dell'Anm - ha bisogno della polizia giudiziaria e viceversa, nel senso che il magistrato ha bisogno della polizia come di un braccio per compiere le indagini e la pg ha bisogno del magistrato per leggere ciò che trova». Il caso dello stupro della Caffarella, per Palamara, è un esempio «emblematico» di questa collaborazione.

Insomma, per Palamara, «questa collaborazione è l'unica cosa che davvero funziona nel processo penale» e non va modificato, altrimenti «sarebbe proprio il processo a risentirne». Insomma, no a cambiare le cose, anche perchè non va dimenticato che il magistrato è soggetto soltanto alla legge, diversamente dalle forze Di polizia, «che sono organizzate in maniera gerarchica» e in ultima istanza rispondono al governo di turno. D'accordo con Palamara si è detto anche il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso: «mi lascia piuttosto perplesso - sono state le sue parole - l'idea del magistrato come avvocato della polizia». Se così fosse, infatti, sarebbe inevitabile, per il magistrato, «scendere a compromessi» anche con l'opinione pubblica e cercare «una condanna a tutti i costi».

Durissimo, infine, il procuratore di Milano Armando Spadaro, che ha definito «infamia costituzionale« la frase, contenuta nella relazione sul ddl di riforma del processo, che pone «in concorrenza e reciproco controllo» la polizia giudiziaria e il Pm. Spadaro, inoltre, ha definito un «assurdo» anche la riforma delle intercettazioni. «E' assurdo - ha detto - che un'intercettazione debba durare soltanto 2 mesi e che non si possa chiedere una proroga basandosi solo sui contenuti dell'intercettazione stessa. Sarebbe come dire che se intercetto, l'ultimo dei 60 giorni, una telefonata in cui si dice 'tra tre giorni ammazziamo tizio' non posso chiedere una proroga dell'ascolto se non ho almeno un altro elemento per sostenere questa ipotesi di reato».

Anche per Palamara il dibattito sulle intercettazioni non sta portando «miglioramenti significativi» alla normativa. «Il problema - ha detto - non è quello di modificare l'aggettivo in qualche articolo, ma non snaturare questo strumento, che deve essere d'indagine». Da ultimo, Spataro ha voluto lanciare un ulteriore allarme, sostenendo che non basta «lasciare fuori da questa stretta le indagini su mafia e terrorismo. I reati compiuti dal potere sono altrettanto pericolosi, per la democrazia, di quelli compiuti da terroristi e mafiosi».