50 miliardi di dollari, ecco il costo del riscaldamento globale
Realacci: «Governo sempre più lontano da UE»
Trovare una soluzione per aiutare i paesi più poveri ad affrontare le conseguenze delle variazioni climatiche, come la minore piovosità o la maggiore violenza delle tempeste, è una delle sfide chiave per i delegati dei 190 paesi riuniti a Poznan, in Polonia, alla conferenza sul clima, una delle tappe per giungere a un nuovo trattato successivo a Kyoto, in scadenza nel 2012.
Un desiderio che è stato espresso anche tramite una dichiarazione congiunta di Africa e Unione Europea sul cambiamento climatico. Una nota della Commissione ha sottolineato, infatti, come l'Africa sia una delle regioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici e la variabilità del clima, contribuendo nel contempo molto poco al riscaldamento globale. I Paesi africani affrontano già il peggiore degli effetti, come dimostrato le piogge imprevedibili, che causano rese inferiori dalle coltivazioni e diminuiscono le risorse. La vulnerabilità d'Africa al cambiamento climatico è aggravata da una povertà diffusa, da un accesso limitato al capitale e alla tecnologia, dal degrado degli ecosistemi, dalle calamità naturali e dai conflitti.
«Le popolazioni più vulnerabili hanno bisogno di costruire le proprie difese, migliorando i sistemi di allarme preventivo, costruendo scudi di mangrovie sulle coste per fermare le mareggiate e sviluppando infine coltivazioni più resistenti alla siccità», ha affermato Heather Coleman, un esperto di Oxfam International. Tutto ciò costerà almeno 50 miliardi di dollari l'anno, e ancora di più se la comunità internazionale non riuscirà a fermare l'innalzamento medio delle temperature.
Dunque, secondo Coleman, i paesi in via di sviluppo avranno bisogno di almeno 50 miliardi di dollari all'anno per affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici e questo denaro potrebbe essere raccolto proprio mettendo all'asta il 7,5% delle quote di emissioni inquinanti assegnate ai paesi industrializzati: i proventi andrebbero a costituire un fondo sotto l'egida delle Nazioni unite. Altri 29 miliardi di dollari potrebbero provenire dall'immissione sul mercato delle eventuali quote spettanti all'aviazione e all'industria cantieristica.
Insomma, mentre in Europa si parla di futuro e di clima, in Italia il governo tira il freno a mano e preferisce stare a guardare dalle retrovie, privilegiando l’immobilismo al progresso. Tanto che il ministro ombra dell'Ambiente Ermete Realacci è convinto che «la credibilità con cui l`Italia si affaccia alla trattativa europea sul clima è nulla».
«Tra l`altro - spiega Realacci - nel Consiglio dei Ministri dello scorso venerdì è stato varato un decreto che sterilizza ed indebolisce una delle misure più efficaci che c`era sul fronte del risparmio energetico nelle case: quella misura che consentiva a famiglie e cittadini la possibilità di recuperare il 55% degli investimenti per ridurre i consumi energetici nelle proprie abitazioni».
Non c`è una misura di questo governo che vada nella direzione delle politiche ambientali indicate dall`Europa - rincara Realacci - e mentre anche Barack Obama ha annunciato un piano di 150 miliardi di dollari per produrre 5 milioni di posti di lavoro nel risparmio energetico e nelle fonti rinnovabili, noi al contrario non facciamo nulla». «E` difficile discutere insieme su come affrontare la crisi - conclude l`esponente Pd - se le scelte prese sono sbagliate».
G.R.
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