23 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Non esiste ancora una data ma la volontà c’è

In Qatar la conferenza di pace per il Darfur

La Lega araba propone un piano in quattro punti

Non esiste ancora una data ma la volontà c’è: Il ministro degli Esteri del Qatar, Ahmed Bin Abdallah al Mahmoud, ha annunciato che l'Emirato del Qatar ospiterà a Doha una conferenza di riconciliazione destinata a mettere fine alla guerra in corso dal 2003 nella regione sudanese del Darfur.

Negli ultimi anni, l'Emirato ha assunto un ruolo di primo piano come mediatore nei conflitti in Medio Oriente. L'ultimo successo negoziale risale allo scorso maggio, quando venne raggiunto un accordo tra le diverse fazioni libanesi, mettendo fine a due anni di stallo politico. Ora, si profila un ulteriore passo in avanti verso la pace. Uno sforzo richiesto già dai 22 membri della Lega Araba nello luglio scorso, all'indomani delle accuse di genocidio e crimini di guerra mosse al Presidente sudanese Omar al Bashir dal Procuratore generale della Corte penale dell'Aia (Cpi), Luis Moreno-Ocampo.

Il piano arabo per la pace in Darfur prevede, come illustrato dal Segretario generale della Lega araba Amr Moussa, che i responsabili dei crimini debbano essere processati a Khartoum, alla presenza di Unione africana, Lega Araba e Nazioni Unite. La proposta si articola quindi in quattro punti. Il primo riguarda appunto la giustizia, e quindi la garanzia che i responsabili dei crimini siano processati. Per questo la Lega ha chiesto che il codice penale sudanese fosse modificato per riconoscere i crimini contemplati dallo statuto della Cpi. Inoltre è necessario che vengano create corti speciali per i crimini commessi in Darfur e nominato un procuratore speciale che conduca le indagini. Di seguito, e siamo al secondo punto, per la Lega araba bisogna rispettare l’accordo di Abuja (firmato nel 2006 da Khartoum e uno solo dei movimenti ribelli), in quella parte che prevede risarcimenti, processo inclusivo e riconciliazione. Poi occorre convocare una conferenza internazionale che coinvolga tutte le parti, governo e ribelli. Perché, come spiega Moussa, «sono tutti sudanesi e devono impegnarsi tutti per la pace». Il terzo punto prevede la normalizzazione dei rapporti con i paesi vicini, in particolare con il Ciad. Infine, il quarto e ultimo punto riguarda la cooperazione con la forza internazionale Onu.