2 agosto 2025
Aggiornato 07:00
Presidenziali USA: conclusa la convention repubblicana

McCain imita Obama

«Washington attenta, il cambiamento sta per arrivare»

Nella notte della sua incoronazione, John McCain s’improvvisa paladino del cambiamento. Quel «Change», che è ormai il marchio di fabbrica della campagna elettorale dei democratici, viene saccheggiato dal candidato repubblicano per lanciare la sua sfida al senatore dell’Illinois e accettare la nomination del Grand Old Party.

«Washington attenta, il cambiamento sta per arrivare», dice McCain «non vedo l’ora di portare Sarah nella capitale e avverto in anticipo di chi vuole spendere e spandere, chi difende un governo che non fa nulla: cambieremo tutto».

Giocare la carta dell’innovatore per un signore che conta 72 anni sulle spalle, di cui 25 passati nei corridoi del potere è alquanto strano e poco convincente. Certo McCain si è distinto nella sua carriera in molti casi. A volte andando contro le posizioni del suo stesso partito, altre distinguendosi dalla recente amministrazione Bush da cui, in questa campagna elettorale, ha cercato sempre (con successi alterni) di smarcarsi. Ma non basta. Il discorso di accettazione pronunciato ieri sera a St.Paul contiene tutto il repertorio retorico caro ai repubblicani (tradizione, sicurezza e nazione) e un’unica eccezione: quel cambiamento promesso, ma a cui è difficile credere.

Ciò che è veramente cambiato è il tono. L’intervento del senatore dell’Arizona sembra più diretto ad una riconciliazione con il suo avversario che non ad uno scontro elettorale. «Obama ha il mio rispetto e la mia ammirazione, - dice - nonostante le differenze sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono, siamo americani». Sembra che la macchina elettorale repubblicana abbia deciso di distinguere i ruoli dei suoi protagonisti, come farebbero degli sceneggiatori confusi con i propri personaggi fumosi.
Da una parte la giovane governatrice dell’Alaska, la donna che vanta una lista di soprannomi (barracuda, pitbull, zanna bianca) più lunga della sua carriera e dall’altra l’anziano e rassicurante McCain. Il nonno d’America e la bambina terribile. L’esperienzia e il cambiamento. Un mix già visto. Un mix che è una brutta copia dell’originale: quello che ha infiammato l’America nemmeno una settimana fa con il duo Obama-Biden.

Gli strateghi repubblicani hanno capito che continuando a raccontare il passato di McCain non si poteva tentare la rimonta. La biografia personale del candidato del GOP vale la rispettabilità dei suoi colleghi, quella dei suoi avversari e forse anche la fedeltà degli elettori più legati alla bandiera e al patriottismo. Ma all’America della crisi economica, del petrolio alle stelle e della middle class in ginocchio non può bastare il glorioso e rispettabile passato di un veterano del Vietnam. E’ sull’avvenire che si gioca l’intera partita. Barack Obama lo ha capito subito. E nel suo discorso d’investitura ha raccontato qual è il futuro che ha in mente, le sfide e le domande a cui è determinato dare una risposta. McCain è stato più contenuto. Ha affrontato timidamente le questioni fondamentali (crisi economica e situazione internazionale ) e ha affidato nelle mani della sua vice il compito di rappresentare il cambiamento di cui l’America avrebbe bisogno. Ma la sensazione è che dietro a tutto questo vi sia il tentativo, goffo e stucchevole, di recitare un copione scritto per altri. Un copione che ha già un legittimo e unico protagonista, e il suo nome non è John McCain.

G.R.