Così ho viaggianto in tutta l'Australia, grazie allo smart working
Lo smart working diventa ufficialmente legge e vi raccontiamo la storia di Carlo che grazie allo smart working ha potuto conciliare le sue passioni e lavorare meglio
PISA - «Nell’arco della giornata riuscivo a vivere due vite: la prima, che iniziava alle 08:00 mi vedeva impegnato nelle più disparate attività, dal surf sulle onde di Byron Bay, allo skateboard sulle infinite strade della Gold Coast. La sera, dopo le 20:30 iniziava la giornata lavorativa in parallelo con l’Italia dove era mattina e iniziavo a ricevere le prime e-mail da parte dei clienti». Ascoltando il racconto di Carlo Finocchi non è difficile immaginare il paesaggio dell’Australia, con le sue terre brulle e il mare di quel blu cristiano che vedi solo nelle cartoline o nelle immagini di Google. Per lui, professionista nel campo delle strategie di marketing offline e online, lo smart working ha cambiato completamente la vita.
Si definisce un nomade digitale, di quelli a cui basta computer e wi-fi per costruire la propria giornata lavorativa. Ed è quello che - di fatto - permette di fare lo smart working, recentemente riconosciuto anche da una legge, che qualifica il lavoro da remoto alla pari dell’impiego tradizionale, equiparando modalità di retribuzione, malattia, maternità, infortuni. E, aspetto che non va sottovalutato nella vita di un uomo, ti permette di viaggiare, più di quanto non potessi farlo prima. «Sin da quando ero piccolo ho sempre avuto le idee molto chiare su quello che avrei voluto fare «da grande»- mi racconta Carlo -. Il mondo della comunicazione, in tutte le sue sfaccettature, ha sempre fatto parte di me».
Dopo aver iniziato con la grafica pubblicitaria e aver sperimentato qualsiasi mezzo che riuscisse a comunicare qualcosa, dalla fotografia, passando per la scrittura, fino ad arrivare al marketing, a Carlo non restava altro che trovare il modo per unire le sue passioni, un modo in grado di offrirgli sempre stimoli nuovi: «Il viaggio - mi dice - inteso proprio come percorso di scoperta di nuovi luoghi e di se stesso.Volevo sperimentare ogni volta un modo diverso di trasmettere un’emozione un messaggio o un’idea: è così che sono diventato un nomade digitale».
Ed è così che Carlo inizia a preparare l’agenzia di comunicazione che ha a Pisa, la «Blue Sky Studio», per il grande passo che avrebbe sicuramente messo alla prova sia lui che i suoi collaboratori. «Il viaggio più emozionante è stato senza dubbio l’Oceania - mi racconta Carlo -. Tre mesi in un continente che ha davvero qualcosa di magico, dove la natura la fa da padrona. Lavorare a distanza si è rivelato abbastanza facile, all’inizio come tutte le cose è necessario un periodo per abituarsi ma alla fine, con il mio fedele MacBook e una connessione ad internet (anche se non sempre velocissima!) non c’è nazione o distanza che possa fermarti. Nelle varie città dell’Australia, con una differenza spesso di 10 ore avanti rispetto all’Italia, è stato semplice riuscire a far combaciare gli impegni lavorativi con l’irrefrenabile voglia di esplorare questo immenso continente».
Guardando all’esperienza di Carlo, lo smart working può essere una vera e propria opportunità di crescita, professionale e personale. Una modalità per non essere schiavi del proprio tempo e della propria professione, ribaltando quelli che sono gli schemi attuali dove dedichiamo, spesso, troppo tempo al nostro impiego. A patto che, nel salto, sia rispettato il diritto di disconnessione, da parte di entrambi (datore e lavoratore). Come spesso accade, però, quando si parla di innovazione, il passaggio è prettamente culturale. All’interno della legge approvata dal Governo, infatti, non esistono incentivi od obblighi concreti che spingono il datore ad adottare questa metodologia. La libertà, la fiducia e l’autonomia contrattuale rappresenterebbero quindi gli incentivi a spingere le aziende ad autoregolarsi nell’ottica dello smart working. A ridisegnare quindi i modelli organizzativi e le governance i cui trend, come abbiamo visto più volte, tendono sempre più ad un approccio di tipo orizzontale dove il datore di lavoro diventa quasi più un coach. Lo smart working va quindi sostenuto.
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Anche perchè le difficoltà riscontrate sono davvero poche e toccano principalmente il rapporto con i clienti. «C’è da tenere in considerazione che spesso, soprattutto in Italia, il cliente ha la necessità non solo di vederti di persona ma preferisce anche stringerti la mano.. ecco che la distanza, in alcuni settori e in alcuni campi può essere davvero un deterrente ma solo per alcuni clienti -conclude Carlo -. Nonostante ciò, con un buon team alle spalle - elemento indispensabile - il settore del marketing e della comunicazione mi permette di avere una grande libertà di movimento ed autonomia».
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