20 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Terrorismo islamico

L’Iraq conquista la moschea simbolo dell’Isis e Mosul, è la fine del falso Stato

Scacco matto all’ISIS. Conquistata la moschea simbolo dell’autoproclamato Stato Islamico a Mosul. Per il primo ministro iracheno Haidar al Abadi è la fine del Califfato

La moschea Al Nuri a Mosul prima che fosse distrutta
La moschea Al Nuri a Mosul prima che fosse distrutta Foto: ANSA | EPA STR ANSA

MOSUL – L’Iraq riconquista la moschea Al Nuri, simbolo dell’autoproclamato (dunque falso) Stato Islamico dell’Isis nel cuore di Mosul. Lo ha annunciato il primo ministro iracheno Haidar al Abadi, ricordando che grazie alle truppe di Baghdad, questa è «la fine del falso Stato dell’Isis».
Il ‘falso’ Stato dell’Isis ha dunque subìto uno scacco, sebbene l’organizzazione terroristica continui a controllare grandi territori che vanno dall’Iraq alla Siria. Anche Mosul, nonostante la notizia, è ancora terra di combattimenti. Ma, adesso, proprio la moschea che era stata il palcoscenico da cui nel 2014 Abu Bakr al Baghdadi proclamò la rinascita del Califfato è caduta. All’epoca, le milizie di Abu Bakr al Baghdadi avevano conquistato Mosul, Tikrit e gran parte della regione occidentale di Al Anbar nel giro di pochi giorni, e si erano spinti fio a una cinquantina di chilometri da Baghdad.

La riconquista
Grande entusiasmo per la riconquista della moschea di Al Nuri da parte delle milizie irachene anti-terrorismo. Il generale Abdul Amir Yarallah ha annunciato ieri che i soldati «hanno preso il controllo della storica moschea di Al Nuri, del minareto di Hadba e dell’area commerciale di Serchkhana nella Città vecchia di Mosul». L’offensiva era stata lanciata nell’ottobre dello scorso anno dall’esercito di Yarallah al fine di strappare all’Isis quella che era divenuta la capitale dello Stato islamico in Iraq. Appoggiate dalle milizie sunnite e curde, quelle irachene si sono piano piano fatte strada verso l’obiettivo. Un percorso difficile e lungo, che ha lasciato dietro sé una scia di sangue e distruzione. Mentre negli otto mesi dell’offensiva altri 850mila civili sono fuggiti da Mosul, sono decine di migliaia quelli che ancora oggi si ritrovano intrappolati nella Città vecchia, e sopravvivono in condizioni disperate, ridotti alla fame e senza riparo. In questo inferno sono ancora centinaia però i jihadisti che continuano a opporre resistenza.

Uno scenario apocalittico
Quello che si presenta agli occhi dei soldati iracheni è uno scenario apocalittico. Secondo i racconti, si fanno strada tra macerie di case distrutte e il fetore dei corpi in decomposizione sotto le macerie e quello che si leva dai vicoli disseminati di cadaveri di jihadisti. Le stime delle Nazioni Unite parlano di 100mila civili bloccati a quasi 400 chilometri a ovest, presso Raqqa, la ‘capitale’ siriana dell’Isis. Qui, l’esercito curdo cerca di avanzare verso il centro, supportato dai bombardamenti della Coalizione internazionale sotto la guida Usa.

La distruzione sistematica
La moschea Al Nuri e il suo minareto, riconquistata ora dalle milizie irachene, la scorsa settimana erano stati distrutti dall’Isis, dichiara il Governo iracheno. Un atto vergognoso, uno dei tanti, contro monumenti e siti archeologici di importanza storica e artistica senza pari, che i terroristi islamici hanno nel tempo distrutto senza remore. Tuttavia, l’autoproclamato Stato islamico, in questo caso nega ogni responsabilità, affermando che la distruzione di moschea e minareto è opera di un bombardamento della Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti – che però ha prontamente smentito ogni accusa.

I territori ancora in mano ai jihadisti
A Mosul ormai rimangono pochi quartieri nelle mani dell’Isis, che presto potrebbero essere riconquistati. Tuttavia a ovest di Kirkuk, in Iraq i jihadisti controllano ancora una vasta enclave di 100 chilometri per 50, più una larga striscia di territorio di frontiera con la Siria lungo circa 400 chilometri. Il premier Abadi però è risoluto e certo che le cose cambieranno presto: «Non ci fermeremo. Continueremo a combattere Daesh fino a quando l’ultimo di loro sarà stato ucciso o portato davanti alla giustizia», ha dichiarato.