Iraq, Blair si difende: «La guerra era la cosa giusta da fare»
L'ex primo ministro Tony Blair si è lanciato in un'appassionata difesa dell'intervento militare britannico in Iraq, nel 2003, dopo che un rapporto ufficiale lo ha dichiarato controproducente e mal concepito
LONDRA - L'ex primo ministro Tony Blair si è lanciato in un'appassionata difesa dell'intervento militare britannico in Iraq, nel 2003, dopo che un rapporto ufficiale atteso da tempo l'ha condannato come mal concepito e fondato su valutazioni scorrette. La voce rotta dall'emozione, Blair ha detto di avere «più dolore, rimorso e rimpianto di quanto possiate sapere o immaginare» per gli errori commessi nella pianificazione della guerra e nella successiva occupazione. Ma, in una conferenza stampa fiume do oltre due ore, si è difeso ostinatamente mentre un centinaio di manifestanti si è riunito nel centro di Londra gridando «Blair ha mentito, in migliaia sono morti» e «Tony Blair criminale di guerra».
Decisione giusta
«Ritengo che abbiamo preso al decisione giusta e che il mondo sia ora migliore e più sicuro» senza il leader iracheno Saddam Hussein, ha detto l'ex premier laburista che decise l'entrata in guerra . Il rapporto Chilcot fornisce una condanna senza appello del ruolo della Gran Bretagna nella guerra guidata dagli Usa, dettagliando le informazioni d'intelligence scorrette, i fondamenti giuridici discutibili e la preparazione «dolorosamente inadeguata» dell'occupazione.
Minaccia non imminente?
La discesa dell'Iraq nell'inferno della guerra e della violenza causò la morte di almeno 150mila iracheni fino al 2009, anno in cui le truppe britanniche abbandonarono il Paese. Il rapporto afferma che le truppe di Londra furono inviate in Iraq prima che le vie diplomatiche fossero esaurite. «Un intervento militare in Iraq avrebbe potuto essere necessario a un certo punto. Ma a marzo 2003 Saddam Hussein non rappresentava una minaccia imminente». Il rapporto mette in luce anche come Blair avesse scritto a luglio 2002 al presidente Usa George W. Bush, vari mesi prima della guerra, per dirgli: «sarò con te, a tutti i costi».
Prove presunte
La guerra fu giustificata ai tempi con le presunte prove che Saddam aveva a disposizione armi di distruzione di massa, prove che non furono mai fornite, anzi furono poi smentite. Chilcot accusa i capi dell'intelligence britannica e asssolve gli uomini di Blair dall'aver «impropriamente» influenzato lo spionaggio su un memorandum pubblicato a settembre 2002. Il rapporto critica Blair per non aver discusso con Bush l'assenza di pianificazione per la fase post-invasione e nega la sua affermazione che l'impatto delle milizie locali e dell'Iran non poteva essere previsto.
Saddam una 'fonte di terrorismo'
"Accetto il fatto che specialmente con il senno di poi avremmo dovuto affrontare la situazione in modo diverso" ha detto l'ex leader laburista, premier dal 1997 al 2007. Ma ha aggiunto: «non ci sono state menzogne, il parlamento e il governo non sono stati fuorviati, non c'è stato un impegno segreto per la guerra. L'intelligence non è stata falsificata e la decisione è stata presa in buona fede». Ancora oggi l'Iraq è preda della violenza settaria: domenica un attentato suicida rivendicato dall'Isis ha ucciso 250 persone a Baghdad. Blair ha respinto le accuse che la guerra ha condotto alla crescita dei gruppi jihadisti nel Paese, perchè Saddam Hussein «stesso era una fonte di terrorismo», ma ha ammesso che molti non sono d'accordo.
La posizione dei parenti
I parenti di alcuni dei 179 soldati britannici morti in Iraq hanno detto che esamineranno le conclusioni del rapporto per stabilire se esistono i fondamenti per un'azione legale contro Blair e altri esponenti del suo governo. «L'inchiesta ha confermato tutte le nostre paure che questi giovani uomini e donne sono stati inviati in guerra sulla base di falsità» ha detto Roger Bacon, il cui figlio Matthew, è morto a 34 anni nel 2005. Rose Gentle, che ha perso il figlio diciannovenne Gordon, ha detto che le conclusioni sono «sconvolgenti». «Lo considero responsabile della morte di mio figlio" ha detto ai giornalisti.
Prudenza
La tragica esperienza in Iraq ha reso Londra molto cauta nell'impegno in missioni internazionali in Paesi come Siria e Libia. Il presidente della commissione d'inchiesta John Chilcot ha detto che il suo rapporto è «un resoconto di un intervento che finì molto male, con conseguenze che pesano fino a oggi». La legalità dell'intervento non rientrava nel mandato dell'indagine, ma l'ex dirigente pubblico ha detto che il processo decisionale per stabilire i fondamenti giuridici della guerra è stato «tutt'altro che soddisfacente». «Abbiamo concluso che la Gran Bretagna ha scelto di partecipare all'invasione dell'Iraq prima che le opzioni pacifiche per il disarmo fossero esaurite. L'azione militare in quel momento non era inevitabile».
L'inchiesta
L'inchiesta è stata avviata su richiesta del successore di Blair, Gordon Brown, che ha accolto le forti pressioni dei familiari dei caduti, preoccupati della giustificazione dell'intervento oltre che dell'equipaggiamento inadeguato, un tema su cui il rapporto critica duramente la Difesa britannica. Jeremy Corbyn, leader del partito laburista, lo stesso di Blair e Brown, ha chiesto scusa alle famiglie delle vittime per l'intervento militare. E le famiglie non sono le sole a meditare un ricorso alle vie legali contro Blair. Un gruppo di deputati di tutti i partiti sta pensando a ricorrere in giustizia, forse al Tribunale penale internazionale. La guerra, che a un certo punto vide al presenza di 46mila militari britannici in territorio iracheno, soprattutto nel sud attorno alle strutture petrolifere di Bassora, getta ancora un'ombra lunga sulla politica di Londra. In una dichiarazione ai Comuni il premier David Cameron ha detto che con tutti i parlamentari che hanno votato sì all'intervento «dobbiamo prenderci la nostra responsabilità». «Non possiamo portare indietro l'orologio, ma possiamo fare in modo che le lezioni vengano imparate e si agisca di conseguenza».
(Fonte Askanews)
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