In Afghanistan i bambini muoiono di freddo
Stando ai dati ufficiali, almeno 15 bambini sono morti per il freddo nell'ultimo mese in tre dei circa 40 campi presenti nella capitale afgana. Tuttavia, gli sfollati ritengono che il numero delle vittime sia almeno il doppio
KABUL - Dopo essere fuggiti dai bombardamenti della Nato e dalle violenze dei talebani, migliaia di afgani riparati nei campi sfollati di Kabul si trovano oggi a fronteggiare un nuovo nemico: il freddo, particolarmente rigido questo inverno, che sta uccidendo i loro figli. Stando ai dati ufficiali, almeno 15 bambini sono morti per il freddo nell'ultimo mese in tre dei circa 40 campi presenti nella capitale afgana. Tuttavia, gli sfollati ritengono che il numero delle vittime sia almeno il doppio.
Tempeste di neve e un vento ghiacciato penetrano nelle capanne dei campi sfollati da alcune settimane, sommate a temperature che hanno toccato anche i -16 gradi. Del Agha, un contadino della provincia meridionale di Kandahar, è arrivato a Kabul quattro anni fa, dopo aver abbandonato la sua casa e i suoi frutteti a seguito di un bombardamento della Nato in cui rimasero uccisi diversi civili. La scorsa settimana ha perso uno dei suoi figli, una bambina di tre anni: «Era tanto freddo quella notte. Quando mi sono svegliato mia figlia era morta». Il secondo figlio, una bambina di pochi mesi, continua a tossire: «La vita è molto dura e ho paura per l'altra mia figlia».
Intersos: afgani diffidenti verso le truppe straniere - Disillusione, diffidenza e sospetto. Sono i sentimenti prevalenti verso le truppe straniere che emergono dalla ricerca «Le truppe straniere agli occhi degli afghani: percezioni, opinioni e rumors a Herat, Farah e Badghis», promossa dalla Ong Intersos e realizzata dal ricercatore e giornalista freelance Giuliano Battiston.
Le interviste raccolte nell'estate 2011 con interlocutori diversi - dai religiosi ai funzionari governativi, dai commercianti agli attivisti - segnalano un forte scollamento tra le dichiarazioni delle cancellerie occidentali, che sostengono che le forze Isaf-Nato siano riuscite in buona parte a stabilizzare il paese, e quelle degli afghani, che ritengono che la comunità internazionale abbia fallito nel garantire la sicurezza alla popolazione, pur manifestando apprensione sulle conseguenze del ritiro delle truppe.
Le truppe internazionali non hanno prodotto i risultati sperati - La maggior parte degli intervistati lamenta condizioni di sicurezza precarie e ritiene che il dispiegamento delle truppe internazionali non abbia prodotto i risultati sperati: «Nel 2004 - afferma tra gli altri M. Akram Azimi, docente all'Università Ghargistan, Farah - i Talebani erano circa 400. Nel 2009, 25.000. Oggi possono contare su 30.000 combattenti. La comunità internazionale dovrebbe cominciare a chiedersi perché i ribelli aumentano invece di diminuire». Tra le cause, due emergono in particolare: la pluralità di orientamenti, tattiche e obiettivi perseguiti dai singoli contingenti e lo scarso coinvolgimento delle controparti afghane nell'elaborazione della strategia di pacificazione e stabilizzazione: «Il fallimento della comunità internazionale dipende dal fatto che è mancata una strategia coerente tra gli attori coinvolti nel conflitto; inoltre, essa è stata elaborata altrove, da gente che non conosceva il paese», dichiara Soraya Pekzad dell'organizzazione Voice of Women, Herat.