Karroubi: iraniani repressi in nome della religione
Il leader dell'opposizione ha parlato di «furto politico» durante le elezioni
TEHERAN - Uno dei leader dell'opposizione iraniana, Mahdi Karroubi, ha denunciato «la repressione del popolo in nome della religione» da parte delle autorità, in una lettera aperta pubblicata da Sahamnews.org, il sito della suo partito. Ex presidente del Parlamento e candidato sconfitto alle contestate elezioni presidenziali dal presidente Mahmoud Ahmadinejad, Karroubi ha ripetuto le sue accuse di frode durante la votazione parlando di «furto politico».
«Allah sia testimone di come (i responsabili iraniani, ndr) hanno trasformato una discussione politica in guerra di religione per reprimere, in nome della religione, le rivendicazioni politiche della gente» , scrive Karroubi. «Non sapevamo che rivendicare il nostro voto e protestare contro il furto politico equivalessero ad essere ostili ad Allah (mohareb) e corruttori sulla terre», due accuse rivolte dal potere ai manifestanti dell'opposizione.
In base alla sharia (legge islamica) in vigore in Iran, può essere emessa la pena capitale contro le persone riconosciute colpevoli di essere «mohareb» o «corruttrici sulla terra». Karroubi e un altro candidato dell'opposizione alle elezioni presidenziali, l'ex primo ministro Mir Hossein Mousavi, da giugno alla guida dell'opposizione al presidente Ahmadinejad, sono oggetto di pressioni politiche e di minacce fisiche crescenti. «Minacce e intimidazioni (...) hanno rafforzato la mia determinazione e mi sono preparato, io con i miei figli, a qualunque catastrofe», ha affermato Karroubi nella sua lettera aperta.
Secondo il suo partito, Karroubi è stato attaccato da miliziani e sostenitori del potere giovedì mentre era in viaggio verso la città di Qazvin. Secondo la stessa fonte, la sua automobile è in particolare stata bersaglio di spari, circostanza che la polizia locale ha smentito. Mousavi è stato da parte sua oggetto di intimidazioni fisiche nelle ultime settimane e si è dichiarata il 1 gennaio pronto a morire da «martire» piuttosto che rinunciare a far ascoltare la sua voce.
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