A Copenaghen tutti prendono atto dell'intesa Obama
3 pagine con promesse di finanziamenti, senza obiettivi di tagli alle emissioni di CO2
COPENAGHEN - Due settimane di negoziati, 1200 delegati di 193 paesi e oltre cento leader negli ultimi tre giorni, ma un risultato decisamente al ribasso: un'intesa politica di appena tre pagine - più altre quattro-cinque di allegati - e ridotta all'osso, senza obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni.
Questo «scheletro» di accordo, annunciato venerdì sera fra Stati Uniti, Cina, India, Sudafrica e Brasile, è stato contestato nella notte dai paesi poveri e insulari - i più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici - e da diversi Stati sudamericani. Poi, per scongiurare un fallimento di forma oltre che di sostanza, l'intesa è stata adottata dalla conferenza attraverso una procedura con cui la presidenza ha «preso atto» dell'accordo, per cercare di evitare un'adozione con voto esplicito delle delegazioni.
Nell'intesa viene meno l'impegno a ridurre le emissioni globali del 50% entro il 2050, un elemento che faceva parte della seconda bozza, ed è poi stato cancellato. Non c'è un obiettivo percentuale complessivo di riduzione delle emissioni globali al 2020 da parte dei paesi più avanzati, anche perché il testo non contiene ancora tutti i piani di tagli dei gas serra, che gli Stati membri dovrebbero adottare entro gennaio. Questi obiettivi, i più ravvicinati, sono anche considerati i più importanti dagli esperti, perché consentirebbero di ridurre le emissioni gradualmente, senza costringere i Paesi a tagli ancora più pesanti e difficili fra 2020 e 2050.
Cosa resta, allora? Da un lato l'impegno generico a limitare entro i 2 gradi C l'aumento della temperatura del pianeta rispetto all'era preindustriale, impegno che era dato per scontato. L'altra promessa rilevante è quella dei finanziamenti per consentire ai paesi poveri di combattere gli effetti dei cambiamenti climatici (inondazioni, desertificazione, ecc.) e tagliare le emissioni con nuove tecnologie. Per queste voci saranno stanziati 30 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. A partire dal 2013, i paesi ricchi mobiliteranno fino a 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020. Soldi di cui però, mettono in guardia le Ong ambientaliste, non è sicuro l'esborso.
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