27 aprile 2024
Aggiornato 07:00
Esteri. Afghanistan

Reporter Nyt, raid ordinato durante negoziati rilascio

Erano in corso colloqui per liberare ostaggi senza condizioni

KABUL - L'operazione per la liberazione del giornalista del New York Times, Stephen Farrell, durante la quale sono rimasti uccisi il suo interprete afgano Sultan Munadi, un militare britannico, una donna e un bambino, è stata condotta nonostante i negoziati per il rilascio degli ostaggi sembravano avviati a una felice conclusione.

Tutte le persone coinvolte nei negoziati non ritenevano che Farrell e il suo interprete fossero in immediato pericolo di vita, ha detto una fonte a condizione dell'anonimato. «C'erano molti che tentavano di avviare contatti e proseguire le discussioni», ha detto la fonte, aggiungendo: «avevamo contatti con varie parti, stavamo spingendo per il rilascio dei due giornalisti senza condizioni».

Secondo la rivista Time, rappresentanti del Comitato internazionale della Croce Rossa erano in «contatto diretto» con i rapitori, così come con leader tribali locali che hanno legami con i talebani.

La liberazione di Stephen Farrell, il giornalista del New York Times tenuto in ostaggio per tre giorni dai talebani a Kunduz, è stata accolta con grande sollievo dalla stampa internazionale. Ma il drammatico epilogo del raid che ha portato al suo rilascio, con la morte del suo interprete afgano Sultan Munadi, ha destato la reazione rabbiosa di traduttori e collaboratori locali della stampa, che hanno denunciato la presunta scarsa attenzione che i militari avrebbero prestato all'incolumità di Munadi durante l'incursione.

«Siamo tutti molto delusi. Perché le forze britanniche hanno salvato l'ostaggio britannico e non il suo collega afgano? Invocavano entrambi aiuto ed hanno urlato che erano giornalisti.

E' stato colpito alla testa e lasciato per terra. Questo è un comportamento sbagliato che sconvolge la popolazione», ha detto Rahimullah Samandar, il direttore dell'Associazione dei giornalisti indipendenti afgani, secondo quanto si legge sul Washington Post.

«Munadi era una persona fantastica. Sono molto triste», ha commentato un collega dell'interprete e giornalista ucciso. «Accuso tutti, il governo, i talebani che usano i reporter per raggiungere obiettivi politici, le truppe straniere per l'operazione. Noi corriamo grandi rischi e lavoriamo sotto il fuoco delle armi, ma sembra che nessuno si interessi di noi e delle nostre vite», ha concluso.