11 dicembre 2024
Aggiornato 13:00
Barack Obama torna a occuparsi apertamente del tema della razza

Obama ai neri: «Discriminazione esiste, superarla è un dovere»

Discorso alla più antica associazione per i diritti civili

NEW YORK - A sei mesi dall'insediamento, Barack Obama torna a occuparsi apertamente del tema della razza. Con un monito: lui è arrivato alla Casa Bianca, ma l'arrivo del primo presidente afroamericano al potere non ha abbattuto le barriere razziali. Ogni giovane afroamericano ha il dovere di impegnarsi nella sua vita per superarle. Obama ha parlare ieri sera a New York alle celebrazioni per il centesimo anniversario della NAACP, la National Association for the Advancement of Colored People, la più antica associazione per i diritti civili.

Il presidente ha lanciato un monito: il secondo secolo della NAACP deve vedere una nuova sfida, non più la lotta contro i pregiudizi ma quella contro le ineguaglianze strutturali del sistema. I giovani neri oggi devono aspirare ad essere scienziati, ingegneri, medici, e non solo giocatori di basket o musicisti di rap. Devono aspirare a diventare giudice della Corte Suprema. Voglio che aspirino a diventare presidente degli Stati Uniti», ha concluso fra applausi scroscianti.

Obama, il 'nero non nero', figlio di una donna bianca e di un nigeriano, non ha alle spalle in famiglia una storia di schiavitù ed è in larga parte cresciuto nelle liberali, multirazziali Hawaii. Anche se nell'adolescenza ha abbracciato l'eredità culturale dei neri americani, con la loro dolorosa storia e la coscienza delle discriminazioni, la sua esperienza personale gli ha consentito di avere una sicurezza cruciale nella sua corsa fino alla Casa Bianca. Ieri sera è tornato però a rivendicare quella eredità.

E' stato il discorso sulla razza più aperto per Obama da quando è arrivato alla presidenza, una miscela di riflessioni personali e strategia politica. E' evidente che il presidente ricerca il sostegno della potente NAACP per le sue ambiziose riforme, soprattutto quella della scuola e della sanità. Obama ha citato fra i leader che gli hanno aperto la strada figure come W.E.B. DuBois, Thurgood Marshall, Martin Luther King e Emmet Till. Tutti uniti da una lungimiranza, da una capacità di sognare di cui si riconosce erede.

Alla NAACP, Obama ha dichiarato che il sacrificio dei leader dei diritti civili neri «ha cominciato il viaggio che mi ha condotto qui». Ma ha avvertito: «Non vi illudete: il dolore della discriminazione in America si sente ancora».

Le barriere razziali esistono perché la vita per gli afroamericani è più difficile, il loro reddito medio più basso, le malattie più frequenti, una percentuale eccessiva di ragazzi neri rispetto alla popolazione finisce in galera. «Le barriere del nostro tempo» ha detto Obama «sono diverse da quelle che affrontavano i giovani manifestanti di fronte ai cani e agli idranti. Ma per superarle servono lo stesso impegno e lo stesso senso di necessità».

Per questo i genitori devono avere un ruolo più attivo, i ragazzi devono avere più ambizioni, le comunità devono dare più fondi alle scuole locali. Obama insomma ha cercato un difficile equilibrio, da un lato affermando che il governo deve impegnarsi per l'uguaglianza, dall'altro incitando i giovani neri, nello spirito del 'sogno americano', a prendersi la responsabilità delle loro vite: come ha fatto lui. E insieme ha lanciato, come sua abitudine, un messaggio per l'unità nazionale.

Certi problemi, ha aggiunto, come la qualità delle scuole pubbliche, sono guai nazionali e non ristretti alla comunità afroamericana. «Dobbiamo dire ai nostri figli: sì, se sei afroamericano le probabilità che tu cresca nel crimine sono più alta. Sì, vivere in un quartiere povero ti porrà delle sfide che non avresti in un sobborgo di lusso. Ma non è una buona ragione per andare male a scuola, per saltare le lezioni, per rinunciare alla tua educazione».

E ricordando la sua storia di bimbo allevato da una mamma single, ha aggiunto, «Ho avuto la mia parte di guai. Avrei facilmente potuto guastarmi. Quando guido per Harlem o nei quartieri del South Side di Chicago, quando vedo i ragazzi all'angolo, dico «Quello potrei essere io se Dio non mi avesse aiutato». La frase - una citazione dal «Buio oltre la siepe», il romanzo di Harper Lee incentrato su un processo ingiusto a un nero - ha profonde risonanze. E il discorso è stato definito «perfetto» dal presidente della NAACP, Benjamin Todd Jealous.