26 aprile 2024
Aggiornato 00:30
Cina

Xinjiang, dopo violenza, esodo di uiguri da Urumqi

Oggi nel capoluogo hanno riaperto negozi e uffici

URUMQI - Centinaia di uiguri stanno lasciando Urumqi, capoluogo della provincia dello Xinjiang nel timore di ulteriori violenze o rappresaglie da parte dei cinesi han. «Ce ne andiamo perché abbiamo tutti paura - spiega una donna a un corrispondente del quotidiano britannico Guardian - non abbiamo alternative». Molti abbandonano la città per tornare nelle abitazioni natali in campagna o in altre cittadine minori della provincia.

Se infatti nella provincia nordoccidentale della Cina la maggioranza degli abitanti è di etnia uiguri (musulmani turcofoni) nel capoluogo abita invece una maggioranza di cinesi Han, l'etnia maggioritaria in Cina.

Uno studente di Kashgar, seconda città dello Xinjiang, abitata al 90% da uiguri, spiega: «Ho paura, c'è così tanta violenza da queste parti, cinesi e uiguri sono in guerra e io voglio tornare a casa, anche i miei genitori hanno paura per me». Con lui molti altri studenti abbandonano la città, anche perche l'università ha interrotto anticipatamente i corsi di studio a causa dei disordini.

Urumqi questa mattina sembra avere riacquistato una parvenza di normalità, la presenza delle forze dell'ordine è meno evidente, molti uffici e negozi hanno riaperto i battenti, per la prima volta dopo le violenze di domenica e dei giorni successivi.

I media cinesi riferiscono che anche gli aeroporti di Urumqi sono affollati di passeggeri in attesa e addirittura vi sono famiglie intere che bivaccano all'interno dello scalo in attesa di voli per partire.

«Non mi sento tranquillo qua, non è sicuro. Quando la situazione si tranquillizzerà, cercherò di tornare», spiega un uomo che gestiva un negozio di computer, ora in viaggio verso la sua città di Yili, nel sud dello Xinjiang.

Le stime ufficiali forniscono un bilancio di 156 morti e un migliaio di feriti dopo gli scontri di domenica, i piu violenti, ma anche nei giorni successivi si sono verificati scontri, proteste, linciaggi e violenze. Le autorità cinesi hanno deciso di reprimere immediatamente qualsiasi rivendicazione di tipo etnico, schierando per le strade migliaia di soldati e hanno promesso di punire in modo esemplare i responsabili dei disordini.