29 marzo 2024
Aggiornato 08:30

Perù: la rabbia degli indios, nella rivolta almeno 30 morti

In protesta contro i decreti che autorizzano ricerca petrolio

BAGUA - Da oltre due mesi le comunità degli indios amazzonici moltiplicano i blocchi delle strade, degli oleodotti e dei fiumi nel nord del Perù per protesta contro i decreti legge sullo sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Fra ieri e oggi, la protesta ha fatto almeno una trentina di morti: almeno 18 ieri negli scontri con la polizia (ma potrebbero essere molti di più, e i civili morti potrebbero essere anche 25), e nove poliziotti uccisi oggi nel blitz per liberare 38 agenti presi in ostaggio.

Ventidue poliziotti, ha spiegato il generale Miguel Hidalgo, capo di Stato maggiore della polizia, «sono sani e salvi». Nulla ha detto sul destino dei rapitori. Gli agenti, in servizio di sorveglianza a una stazione di pompaggio, erano stati bloccati ieri da un migliaio di indios per rappresaglia contro un'operazione di polizia.

Ieri 400 agenti sono stati mandati dal governo all'attacco di un posto di blocco fatto di pietre e tronchi d'albero. Il presidente peruviano Alan Garcia ha poi dichiarato che era tempo di mettere fine ai blocchi stradali usando le maniere forti. Gli scontri hanno fatto almeno 16 morti, di cui 11 sono agenti delle forze dell'ordine. I morti civili, dice la procura, sarebbero invece 5; ma diversi media parlano di almeno 25 uccisi.

A Bague e Bagua Grande - due località del nord est dove almeno due persone sono state uccise a pistolettate ieri - la rabbia è esplosa portando al sequestro dei poliziotti. Sono stati segnalati anche saccheggi e incendi di edifici pubblici che hanno spinto il governo a decretare un coprifuoco.

Uno dei leader del movimento, Alberto Pizango, ha denunciato «un massacro commesso dal governo nel quadro di un piano di cessione delle risorse alle industrie straniere, che include la privatizzazione delle nostre terre».

Pizango lamenta che gli indios sono trattati «come cittadini di serie B», e chiede al governo di classificare 25 milioni di ettari come «territorio ancestrali», zona tutelata nella foresta amazzonica. Da quasi quarant'anni le compagnie petrolifere hanno avuto mano libera nell'esplorazione petrolifera nella foresta amazzonica.

Il presidente, Alan Garcia, sostiene che tutti i peruviani dovrebbero trarre beneficio dalla ricchezza petrolifera (e non solo gli indios che abitano le zone interessate). La Costituzione del Perù del resto afferma che la ricchezza mineraria e petrolifera peruviana è di proprietà dello Stato.

Dall'inizio di aprile, 65 comunità etniche amazzoniche si sono dichiarate in guerra con il governo contro i decreti legge del 2007-8 che autorizzano le ricerche e sfruttamento dei loro territori. Le comunità chiedono di essere consultate quando si prende una decisione - come dare l'ok a una esplorazione del sottosuolo o all'estrazione di petrolio - che ha impatto sull'ecosistema delle terre dove vivono.