26 aprile 2024
Aggiornato 05:00
Lavoro

«ILO»: preparatevi a nuove ondate migratorie

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro la pressione sul Sud d’Europa è destinata ad aumentare a causa della mancanza di lavoro, soprattutto giovanile. Su 140 paesi, in crescita solo chi ha investito in occupazione di qualità.

In Europa il dibattito post elettorale fa passare in secondo piano una notizia viceversa molto importante illustrata nel rapporto dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che ha diffuso il 27 maggio il «Rapporto sul mondo del lavoro»: la disoccupazione nel mondo – aumentata nel 2013 di quasi 4 mln di unità – ha raggiunto i 200 milioni (199,8), con un tasso globale della disoccupazione al 6 %, percentuale che secondo il rapporto «World of Work 20114: Developing with jobs» rimarrà tale fino al 2017.

In crescita solo chi ha investito in occupazione di qualità - Lo studio è particolarmente interessante, e fornisce un esame approfondito di 140 paesi in via di sviluppo ed emergenti, che dimostra come  nei paesi che dall’inizio del millennio hanno investito  per un’occupazione di qualità e contro la povertà da lavoro e il lavoro precario, la crescita economica è stata sostenuta, di almeno l’1% superiore rispetto a quella degli altri paesi.

Un futuro grigio per i giovani - Il rapporto consente di gettare lo sguardo oltre l’immediato futuro, e di comprendere quali siano le sfide che ci attendono. Nei prossimi cinque anni si stima che saranno 213 milioni in più a bussare al mercato del lavoro per avere un’occupazione, e di questi  200 milioni solo nei paesi in via di sviluppo. Questo comporterà un acuirsi del problema della disoccupazione giovanile, che attualmente in quegli stessi paesi è già tre volte superiore a quella degli adulti, attestandosi al 12%. Naturalmente questi dati si riferiscono ai mercati del lavoro monitorati e registrati e non tengono conto, evidentemente, di aree che sfuggono ad ogni controllo.

La pressione sul Sud d’Europa è destinata a salire - I tassi più alti si registrano in Africa e in Medio Oriente, dove quasi un terzo dei giovani non riesce a trovare lavoro, e basterebbe questo solo dato per leggere con occhi diversi il drammatico problema dell’immigrazione, che non è e ancor più non sarà solo un problema di asilo, ma deve essere affrontato nel medio e nel lungo periodo all’interno di una valutazione del mercato del lavoro globalizzato, quale si è venuto costruendo. La pressione al Sud dell’Europa è dunque destinata ad aumentare, e le soluzioni devono essere cercate con specifiche politiche migratorie e di accoglienza. La mancanza di posti di lavoro, soprattutto di qualità, è un fattore determinante della migrazione, basti sapere che la differenza dei salari tra paesi di origine e paesi di destinazione è in genere di 1 a 10, e che nel 2013 oltre 230 milioni di persone vivevano in un paese diverso da quello di origine.

Investire su risorse naturali, agricoltura ed economia verde - A queste sfide si deve rispondere con la diversificazione della capacità produttiva e con nuovi modelli di sviluppo, che puntino a una diversificazione della tradizionale attività economica, che punta per la crescita dell’occupazione alla sola industria manifatturiera.
C’è una sollecitazione specifica a investire i proventi del petrolio e delle materie prime – di cui questi paesi sono ricchi – nel resto dell’economia. Le risorse naturali e ambientali, nuovi investimenti in agricoltura, «economia verde» possono aprire nuove prospettive per i paesi in via di sviluppo che possono operare un «salto tecnologico» senza dover fare i conti con strutture antiquate.

Politiche del lavoro attive per creare nuovi posti di lavoro - L’altro fattore da considerare è inoltre quello sopra richiamato, le istituzioni del mercato del lavoro e della protezione sociale sono importanti componenti della crescita economica e dell’occupazione di qualità oltre che dello sviluppo umano. Condizioni di lavoro scarse e alto tasso di informalità recano con sé bassa produttività, e le diseguaglianze sociali e la lotta alla povertà  diminuiscono con la protezione sociale, soprattutto quando questa si adatta alle condizioni economiche. A questa deve essere unita una serie di politiche attive per il lavoro per promuovere un contesto favorevole per le imprese e alla creazione di posti di lavoro.
Le conclusioni del rapporto suggeriscono che non si può avere sviluppo sostenibile senza fare reali progressi nell’agenda dell’occupazione e del lavoro dignitoso, è questo l’obiettivo centrale dell’Agenda di sviluppo a partire dal 2015.