25 aprile 2024
Aggiornato 03:30
V Conto Energia

Rinnovabili: Confagricoltura, così la green economy non cresce

La nuova regolamentazione, che oltretutto giunge con un inaccettabile ritardo di dieci mesi rispetto a quanto indicato dal decreto legislativo 28/2011, ha apportato solo limitati e marginali miglioramenti. Il ministero per le Politiche agricole non avrebbe dovuto avallarla

ROMA - «Vogliamo comprendere se il Paese crede davvero nella green economy e nel ruolo indispensabile che hanno le imprese agricole per lo sviluppo dell’energia alternativa». Lo afferma Confagricoltura in relazione ai decreti sui nuovi regimi di incentivazione per le fonti rinnovabili elettriche e per il fotovoltaico, pubblicati in Gazzetta Ufficiale.
«Nonostante il lavoro svolto in Conferenza unificata per migliorare i provvedimenti proposti dai ministeri competenti, i risultati non sono positivi – rileva Confagricoltura -. La nuova regolamentazione, che oltretutto giunge con un inaccettabile ritardo di dieci mesi rispetto a quanto indicato dal decreto legislativo 28/2011, ha apportato solo limitati e marginali miglioramenti. Il ministero per le Politiche agricole non avrebbe dovuto avallarla».

SI DISCRIMINANO LE IMPRESE AGRICOLE - Ad avviso di Confagricoltura nei decreti emanati si discriminano le imprese agricole. L’Organizzazione fa alcuni esempi: nel V conto energia i fabbricati rurali, ai fini dell’accesso alle tariffe, non sono equiparati agli altri edifici; le serre fotovoltaiche subiscono un’ulteriore restrizione sulla superficie ricopribile da pannelli, che scende dal 50% al 30%; le tariffe onnicomprensive e quelle premio per l’energia consumata in sito non sono convenienti neppure per i piccoli impianti, ovvero quelli che interessano maggiormente il settore primario; e per i piccoli impianti agricoli non c’è più la priorità di accesso al registro.
Per quanto riguarda il decreto sulle altre fonti rinnovabili, per Confagricoltura permangono una serie di problemi legati: alle tariffe base, comunque insufficienti per realizzare gli investimenti; ai premi, che richiedono tecnologie non facilmente applicabili agli impianti di potenza inferiore ad 1 MW; alle procedure di accesso, sia in relazione al registro, sia alla tipologia di alimentazione dell’impianto (nella categoria sottoprodotti rimane il vincolo di poter utilizzare solo il 30% di coltivazioni dedicate). E ancora una volta vengono penalizzati proprio i piccoli impianti, come quelli a biogas, fondamentali per il settore agricolo.
«Quando si parla di green economy il pensiero va al ‘futuro’, senza tener conto del ‘presente’ e dell’attività più ‘green’ che già c’è, cioè quella agricola – conclude Confagricoltura -. Al di là delle singole misure dei due decreti, è inaccettabile la disattenzione complessiva verso le imprese agricole, non favorendo il loro ruolo e trascurando i benefici che ne deriverebbero per l’ambiente e per la collettività. Occorre cambiare atteggiamento, e lo deve fare prima di tutti il ministero per le Politiche agricole, e riconsiderare il ruolo che ha, e sempre più deve avere, il settore primario per la costruzione di una green economy degna di questo nome».