20 aprile 2024
Aggiornato 11:00
Indagine del patronato INAC promosso dalla CIA

Pensioni, per 3 milioni di giovani si profila «fine lavoro mai»

Per il 75% degli under 35 pensione è traguardo irraggiungibile. Meno del 20% dei giovani conosce strumenti di previdenza complementare, mentre oltre il 50% dei lavoratori di 60 anni si dichiara stanco e preoccupato per il proprio futuro

ROMA - Per 3 milioni di giovani la pensione sarà un po' una chimera, in un futuro in cui si lavorerà fino a età avanzata. Secondo un'indagine del patronato Inac (istituto nazionale assistenza cittadini, promosso dalla Cia), lo slittamento dell'età pensionabile, ora a 67 anni e in un futuro prossimo probabilmente a 70, «preoccupa 8 italiani su 10. Così non c'è turn-over nel mondo produttivo, cresce la disoccupazione giovanile e il lavoratore anziano si ritrova a mantenere figli e nipoti. E dal vocabolario di circa 3 milioni di giovani, tra precari e disoccupati, sparirà la parola pensione».

Più del 75% dei lavoratori italiani under 35, sostiene lo studio della Confederazione italiana agricoltori, «vede la pensione come un traguardo irraggiungibile, mentre il 5% dice di non pensarci affatto. Meno del 20% dei giovani conosce strumenti di previdenza complementare, mentre oltre il 50% dei lavoratori di 60 anni si dichiara stanco e preoccupato per il proprio futuro».

È altissima, afferma l'indagine della Cia, la percentuale di chi ritiene sbagliato ancorare l'età pensionabile all'aspettativa di vita. Infatti, se è accertato dalle statistiche «che la speranza di vita si è allungata in media di 7 anni nell'ultimo trentennio, è anche vero che c'è una bella differenza tra il vivere a lungo e il vivere bene». Da una parte l'Istat rileva che dal 2001 al 2010 l'età media si è allungata per gli uomini da 77 a 79,1 anni e per la donne da 82,8 a 84,3. Dall'altra però «è l'Eurostat a sottolineare che l'aspettativa di vita sana è invece diminuita sensibilmente, passando dai 74 anni del 2004 ai 61 del 2008».

«È per questo che - sottolinea l'Inac-Cia - il parametro dell'aspettativa di vita risulta inadeguato per calcolare l'età pensionabile, in quanto non tiene conto in alcun modo dello stato di salute psicofisica del lavoratore». C'è inoltre «grande confusione e disinformazione, secondo i più, sulle tipologie di lavori e attività che vengono considerati usuranti e al relativo tipo di trattamento pensionistico cui sono sottoposti».

La quasi totalità dei giovani tra i 18 e 25 anni «sostiene che per loro diverrà anacronistico il termine pensione. Ma iniziano a essere ansiosi anche quelli che in pensione già ci sono e che temono qualche rivisitazione del trattamento». E più del 70% dei lavoratori attivi, con un età tra i 50 e i 60 anni, «ammette di offrire un grande sostegno economico ai figli e, in qualche caso, anche ai figli dei figli. Insomma, una società che per la stragrande maggioranza dei cittadini vive un grande squilibrio, che rischia di acuirsi nel prossimo decennio».

Nasce così la proposta dell'Inac per l'introduzione di un contratto part-time obbligatorio per i lavoratori attivi al compimento dei 65 anni, cui dovrà essere affiancato un giovane under 35, sempre part-time, che inizierà così il percorso nel mondo del lavoro. Un correttivo «non particolarmente oneroso per il bilancio pubblico, ma quanto mai importante per garantire all'anziano lavoratore un approdo morbido verso la pensione, dando una possibilità concreta a molti giovani alla ricerca di un primo impiego».