190mila aziende chiuse per debiti o usura
L'allarme di Sos Impresa e Confesercenti: E' un vero e proprio boom dell'usura dal 2008 al 2011. Roma è sempre più violenta. Il fatturato commerciale della mafia sfiora i 100 miliardi di euro. Venturi: Istituzioni agiscano di più, servono risposte
ROMA - L'usura continua a crescere e, complice la crisi economica, sta conoscendo un vero e proprio boom. Sono 10mila le imprese che in tre anni, dal 2008 al 2011, hanno chiuso i battenti per debiti o usura. A lanciare l'allarme è Sos Impresa e Confesercenti nel XIII rapporto «Le mani della criminalità sulle imprese».
L'indebitamento delle imprese ha raggiunto i 180mila euro, quasi raddoppiandosi nell'ultimo decennio. Anche i fallimenti sono cresciuti vorticosamente: +16,6% nel 2008 e +26,6% nel 2009. Allarmanti, poi, i dati del 2010 riferiti al primo trimestre con fallimenti in crescita del 46%. Tradotto in numeri questo significa che 3.226 aziende hanno fatto ricorso alle procedure fallimentari, con un trend che farà superare abbondantemente le 12mila chiusure. Sono 200mila, in sostanza, i commercianti coinvolti in rapporti con l'usura, ma le posizioni debitorie vanno stimate inoltre 600mila unità. E con la crisi è aumentato il numero degli usurai che oggi sono passati da circa 25mila a oltre 40mila.
Quanto all'identikit della vittima dell'usura, il fenomeno colpisce solitamente commercianti che operano nel dettaglio tradizionale, come alimentaristi, gestori di negozi di abbigliamento e calzature, fiorai. Sono queste «le categorie che - rileva il rapporto - oggi pagano, più di ogni altro comparto, il prezzo della crisi. Da segnalare, infine, l'ingresso della criminalità organizzata, soprattutto della camorra, nell'attività usuraia. Secondo il rapporto «molti boss non considerano più spregevole tale attività, anzi il titolo di usuraio mafioso si inserisce compiutamente in quell'economia corsara, immensamente ricca e altrettanto spregiudicata. Le operazioni censite che hanno coinvolto esponenti della criminalità organizzata sono aumentate in tre anni del 52,5%.
Roma è sempre più violenta. Tra omicidi, estorsioni, regolamenti di conti, usure e rapine, la Capitale è diventata una città sempre meno sicura, più violenta di Catania, Palermo, Napoli o Reggio Calabria, capoluoghi a forte radicamento mafioso. Va a Roma, inoltre, il triste primato di capitale dell'usura.
La rapina il 4 gennaio scorso nel quartiere di Tor Pignattara ha inaugurato il 2012 «confermando lo stato di emergenza sicurezza in cui versa la Capitale, da almeno cinque anni. La lunga scia di sangue dell'anno appena conclusosi ha contato 20 sparatorie e 30 omicidi. Più di quanti se ne siano verificati a Catania, Palermo, Napoli o Reggio Calabria», denuncia il rapporto. E a questi gesti eclatanti bisogna aggiungere il numero di altri reati, dall'omicidio alle lesioni, aumentati nel 2010 e nel 2011. In particolare le rapine a Roma nel 20011 sono aumentate dell'11% e «i principali obiettivi dei rapinatori sono diventati quegli esercizi commerciali che non possono contare su forme di controllo quali vigilanti o casseforti, o che non pagano il pizzo». Dal rapporto, poi, emerge che «la violenza investe le periferie e le borgate, ma anche il centro storico e quartieri più ricchi come Prati, l'Eur e i Parioli.
«Sicuramente la lunga scia di sangue - rileva Sos Impresa - non può essere imputabile ad un'unica regia criminale. Probabilmente ci troviamo di fronte ad organizzazioni diverse che si contendono il ricco territorio della Capitale». A Roma, poi, «malgrado le rassicurazioni e le firme di patti di vario genere, l'ondata di conflitti a fuoco non accenna a smorzarsi e la paura cresce tra tutti gli strati sociali. A questo bisogna aggiungere la scarsità di uomini e mezzi in dotazione delle forze dell'ordine».
Infine, sul fronte dell'usura, il Lazio e la Capitale sono tra i più colpiti dal fenomeno. Secondo Sos Impresa sono circa 28mila (pari al 32%) il numero di commercianti del Lazio coinvolta in fatti usurai. Roma, in particolare, «è da decenni il luogo per eccellenza dell'usura.
Il fatturato commerciale della mafia sfiora i 100 miliardi di euro - Sfiora i 100 miliardi di euro, pari a circa il 7% del Pil, il fatturato commerciale della criminalità mafiosa e non che incide direttamente sul mondo dell'impresa.
Si tratta di una massa di denaro enorme che passa quotidianamente - rileva il rapporto - dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori italiani a quelle dei mafiosi.
Di fatto bar, ristoranti, alberghi e negozi subiscano 1.300 reati al giorno, praticamente 50 all'ora, quasi un reato ogni minuto.
Violenza di strada e ricatto mafioso, dunque, si abbattono sulla piccola impresa, costringendola ad una vita affannosa per sopravvivere e «a non divenire facile preda degli appetiti di criminali in doppiopetto». Sono oltre un milione gli imprenditori vittime di un qualche reato, ovvero un quinto degli attivi.
Venturi: Istituzioni agiscano di più, servono risposte - Nella lotta alla mafia e alle sue infiltrazioni nelle attività commerciali occorrono maggiori risposte e azioni da parte delle istituzioni. A chiederlo è il presidente di Confesercenti, Marco Venturi, in occasione della presentazione del XIII rapporto di Sos Impresa.
«Le istituzioni devono agire di più, sia nel mezzogiorno ma anche nel resto del paese. Ci sono troppi condizionamenti criminali - ha detto Venturi - allo sviluppo economico».quello che occorre, dunque, sono «risposte e un contrasto diretto alla criminalità», ha aggiunto.
Secondo Venturi, inoltre, «in periodi di crisi i soldi delle mafie benchè sporchi, fanno gola». E «l'usura è tornata ad essere un'emergenza nazionale» con «oltre 200mila commercianti colpiti, per un giro di affari che sfiora i 20 miliardi di euro». Si tratta, insomma, di «una situazione preoccupante che sta determinando un condizionamento serio del mercato e può ulteriormente incidere nelle relazioni economiche, marginalizzando sempre più le imprese sane - ha concluso il presidente di Confesercenti - costrette a operare in ambienti economici molto inquinati».
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