24 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Verso Fieragricola 2012, focus sulla Politica agricola comune 2014-2020

Gli allevatori di suini: «Gli aiuti PAC anche a noi»

Cristini: «Non abbiamo mai beneficiato dei sostegni dell’Unione europea, ma sono ormai troppi anni che conviviamo con una crisi strutturale del settore»

VERONA - «Questa volta nella Pac post 2013 ci dobbiamo stare anche noi. La suinicoltura sta vivendo una crisi prolungata e non è ipotizzabile che non vengano prese in considerazione misure specifiche per assicurare un futuro ad un comparto che assicura elevata qualità come il nostro». Senza molti giri di parole, Andrea Cristini, presidente dell’Associazione nazionale allevatori suini (Anas), chiede con fermezza di poter prendere parte al dibattito sulla Politica agricola comune (Pac), che terrà banco nei prossimi mesi.
Come è noto, il comparto suinicolo è estraneo ai sussidi comunitari, almeno come misure dirette per l’allevamento dei capi. «In Romania – ricorda Cristini – erano state attivate alcune misure come premio alla macellazione. Nei Paesi della Ue a 15 invece non sono mai stati previsti, salvo poi assistere ad alcune forme di sostegno trovate in realtà come la Francia, che quando si tratta di dare una mano ai proprio agricoltori trova sempre il modo per farlo. Evidentemente sanno meglio di noi quanto è strategico il comparto primario».

In questa intervista sul futuro della Pac, che Veronafiere intende approfondire in vista della 110ª edizione di Fieragricola, in programma dal 2 al 5 febbraio 2012 (www.fieragricola.com), Cristini mette sul piatto le proposte di Anas in maniera categorica: «Dopo cinque anni di difficoltà che hanno costretto gli allevatori a rivedere i propri piani di crescita, alcuni a sottostare alla soccida, la maggior parte a fare i conti con listini di mercato non sempre in grado di coprire i costi di produzione e per ben due volte a convivere con prezzi dei cereali decisamente elevati – afferma il numero uno di Anas – non è più possibile rimanere l’unica zootecnia «pesante» senza aiuti da parte di Bruxelles. Scontiamo un handicap rispetto ad altre forme di allevamento che vivono in un mercato protetto, mentre noi siamo da anni alle prese con il libero mercato».

La crisi del comparto è nota e sta attraversando tutta Europa. Con l’aggravante per i produttori italiani di dover fare i conti con costi di produzione maggiori rispetto ai colleghi del resto del mondo, per la peculiarità del suino pesante allevato in Italia per i circuiti tutelati della salumeria a Denominazione d’origine protetta.
Con questa intervista l’Anas rivendica un ruolo attivo all’interno del dibattito comunitario per il riparto dei fondi che l’Unione europea mette a disposizione dell’agricoltura. Una cifra fra aiuti diretti e sviluppo rurale solamente per l’Italia si aggira intorno ai 6,3 miliardi di euro l’anno e sulla quale i suinicoltori vogliono esprimere il loro parere in merito alla segmentazione per comparti. «Abbiamo alcune proposte da sottoporre alla Commissione Agricoltura e al Parlamento europeo – incalza Cristini – nel rispetto dei diritti di tutti gli imprenditori agricoli, ma questa volta non possiamo derogare. Gli unici timidi aiuti che il nostro settore ha avuto sono stati ad inizio 2011 sullo stoccaggio delle carni, solamente dopo lo scandalo della diossina in Germania. Non vogliamo essere considerati solo saltuariamente e senza alcun progetto. Abbiamo una suinicoltura da salvaguardare e riteniamo che debba essere assicurato un prezzo minimo a quelle filiere che garantiscono una elevata qualità, come quella italiana».