19 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Storica sentenza dell'ONU

Perù, royalty a indios su vendita patate

I Quechua hanno cominciato a coltivarle 3.000 anni fa

LIMA - Storica sentenza del Tribunale per la Proprietà intellettuale delle Nazioni Unite che oggi ha ordinato il pagamento dell'1% dei profitti sulle vendite delle patate di tutto il mondo agli Indiani sudamericani. La royalty - motiva la sentenza - va intesa come una «forma di riconoscimento del fatto che le patate così come le conosciamo noi oggi, sono a tutti gli effetti una creazione indigena».

Secondo Desirèe Pourée, presidente del Tribunale, i primi ad aver coltivato le patate sarebbero stati i popoli indigeni del Perù, tra il 3000 e il 2000 AC. «In quanto artefici di un prodotto che occupa oggi il quarto posto fra le coltivazioni mondiali dopo mais, frumento e riso - ha spiegato la presidente - riteniamo che sia doveroso riconoscere finalmente il debito che il mondo ha contratto nei loro confronti.«

Le patate sono al quarto posto fra le coltivazioni mondiali. «L'obiettivo ultimo di questa sentenza è comunque quello di riconoscere pubblicamente il contributo dato dai popoli indigeni alla nostra dieta quotidiana. Ci ripromettiamo di analizzare in futuro tutti gli altri prodotti coltivati da questi popoli, e non ancora riconosciuti.«

Per il South American Native Tribes Executive (SANTE) che ha portato il caso in tribunale, si tratta di una vittoria di portata storica: «Per noi e per i popoli tribali del mondo è una vittoria straordinaria» ha commentato il suo direttore Jorge Papas. «Con le royalty che riceveremo sulle patate potremo ricomprarci parte delle terre che allevatori, taglialegna e compagnie petrolifere ci hanno sottratto.«

Sulle Ande vengono tuttora coltivare moltissime varietà di patate. Il reddito annuo che la vendita delle patate porterà agli indigeni è stimato in circa 200 milioni di dollari. Il denaro permetterà loro di acquistare gran parte delle terre attualmente occupate da aziende che operano dentro e attorno all'Amazzonia. A veder minacciati i propri interessi sono anche alcune delle più grandi compagnie petrolifere del mondo, come la Repsol YPF, e allevatori come la Yaguarete Pora.

Una parte dei proventi saranno tuttavia accantonati e verranno in futuro utilizzati per pubblicare un manuale sulla coltivazione delle patate e alcuni libri di ricette per aiutare i commercianti sfrattati dall'Amazzonia a divenire autosufficienti.

«Siamo felici che Desirèe Pourée abbia deciso di riconoscere ai popoli tribali la paternità di un alimento che oggi sfama milioni di persone» ha commentato Stephen Corry, direttore generale di Survival International. «Vogliamo tuttavia rassicurare l'opinione pubblica perchè le compagnie che operano in Amazzonia non saranno dimenticate. Anche se non potranno più sostentarsi con la distruzione delle foreste, verrà garantita loro la possibilità di coltivare qualsiasi varietà di patata.«