29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Coldiretti Lombardia

Suinicoltori a confronto per dare un futuro al comparto

«Per giungere a proposte forti, concrete, a tutela di uno dei comparti più importanti della nostra agricoltura»

CREMONA - «La suinicoltura italiana è provata da anni di prezzi bassi delle carni, da una concorrenza estera agguerrita e finora certamente sleale, da un esponenziale aumento dei costi di produzione cui non ha purtroppo fatto da contraltare un incremento delle quotazioni dei suini. Da qui l’esigenza, fortemente avvertita dai nostri allevatori, di un momento di confronto e programmazione, per giungere a proposte forti, concrete, a tutela di uno dei comparti più importanti della nostra agricoltura». A parlare è il Direttore di Coldiretti Cremona Simone Solfanelli, nell’annunciare la convocazione di un incontro che – lunedì 31 gennaio a Mantova – vedrà i rappresentanti dei suinicoltori di tutta la Lombardia riunirsi, con il Responsabile nazionale di Coldiretti per la zootecnia, Giorgio Apostoli, e con il neo Presidente Anas, Andrea Cristiani. Ogni provincia prenderà parte all’incontro con una delegazione composta da una decina di allevatori e dai tecnici del settore. L’obiettivo è condividere l’analisi del difficile periodo che si sta affrontando, elaborando insieme i passi da compiere per garantire un futuro alle imprese agricole. «Siamo ad un passaggio cruciale. Dopo dieci anni di battaglie, insieme alle associazione dei consumatori, Coldiretti è riuscita ad ottenere la definitiva approvazione della legge che impone l’origine in etichetta. Per la suinicoltura italiana, come per tutte le altre produzioni made in Italy, è questo un risultato importante – evidenzia il Direttore di Coldiretti Cremona Simone Solfanelli –. Per anni abbiamo visto la carne di suini esteri (animali allevati senza rispettare le rigide regole e senza i controlli cui sono sottoposti gli allevamenti italiani) giungere in Italia e poi, in assenza dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta, venir trasformata e venduta al cittadino come made in Italy. Con il cittadino che acquistava, e pagava, quella che credeva fosse l’autentica qualità italiana». «Si aggiunga il recente danno subito a seguito dell’allarme diossina dalla Germania. Per effetto di questa situazione, abbiamo visto crollare i consumi di prosciutti: in assenza di garanzie in merito all’origine, le famiglie italiane hanno preferito rinunciare a portare in tavola i prodotti della suinicoltura, con grave danno per gli allevatori italiani, che da sempre producono nel segno della qualità e della sicurezza – aggiunge Solfanelli –. Tutto questo oggi può aver fine, grazie all’approvazione del ddl etichettatura, giunta il 18 gennaio, che permetterà ai cittadini, al momento dell’acquisto, di distinguere chiaramente fra l’autentico made in Italy e i prodotti in arrivo dall’estero. E noi non abbiamo dubbi che i consumatori italiani premieranno la qualità e la sicurezza made in Italy. E’ ora essenziale che la legge si traduca prestissimo in realtà. E’ già stabilito che i primi prodotti ad essere etichettati sulla base della nuova norma saranno le conserve di pomodoro, sotto il pressing dell’import cinese, i lattiero caseari, a partire da latte a lunga conservazione e formaggi, e naturalmente i prodotti della suinicoltura: dunque, tre produzioni di punta del territorio cremonese».

Al tavolo di lavoro convocato da Coldiretti per lunedì, nutrita sarà la delegazione cremonese, com’è naturale che sia per una provincia che vanta un patrimonio suinicolo pari a circa 1.000.000 di capi, con 400 allevamenti. La situazione di grande difficoltà è nota. «I costi di produzione aumentano mentre i ricavi si sono progressivamente ridotti. Si pensi al continuo incremento della spesa legata all’alimentazione dei suini: il prezzo dei cereali – mais nazionale, orzo, frumento, ma anche farina di soia, crusca – rilevato presso le principali borse merci nazionali registra quotazioni in continua crescita. Si aggiungano gli oneri burocratici in carico a tutte le imprese agricole, ma in particolare a quelle suinicole, con un conseguente ulteriore aumento dei costi di produzione. La direttiva nitrati, le norme su benessere animale, biosicurezza, emissioni, smaltimento rifiuti, portano con sé una serie di vincoli e pesanti oneri per gli allevamenti. Per contro, la carne di suino pagata agli allevatori registra invece quotazioni persino più basse rispetto a quelle dell’anno scorso. Le più recenti quotazioni delle Camere di Commercio di Cremona, Mantova, Modena, indicano una remunerazione per la carne di suini di 160-180 kg pari a 1,225 euro/chilo. Ci rendiamo conto di ciò che questo significa? Un allevatore deve vendere quasi un chilo di carne di maiale, per pagarsi un caffè!» evidenzia Marco Benedini, funzionario di Coldiretti Cremona. «Fra le problematiche della filiera suinicola poniamo anche il meccanismo di formazione dei prezzi e dei contratti – prosegue Benedini –. Nonostante l’avvio della CUN, i riferimenti per la sottoscrizione dei contratti restano ancora legati ai listini di alcune fra le più importanti borse merci provinciali. Dobbiamo, invece, compiere tutti uno sforzo per dare sempre più peso a un vero bollettino ufficiale, che rappresenti l’unico punto di riferimento a livello nazionale».
Sotto accusa anche la disomogenea ripartizione degli utili lungo la filiera suinicola, che pone la parte agricola nella posizione più penalizzata: basti dire – evidenzia in proposito l’organizzazione degli agricoltori – che per un euro speso dalla massaia per carne o prosciutto solo 15 centesimi arrivano agli allevatori, mentre 85 vengono divisi tra gli altri attori della filiera.

«Guardiamo con fiducia all’introduzione dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta, che darà ai cittadini-consumatori la reale possibilità di riconoscere, e dunque di scegliere, il vero prodotto italiano – conclude Benedini –. Questo contribuirà a premiare tutti gli sforzi che i nostri allevatori mettono in campo per ottenere una carne di altissima qualità, secondo i disciplinari dei prosciutti di Parma e San Daniele. Ed è bene chiarire che non solo la coscia del suino rappresenta l’eccellenza italiana e va valorizzata. E’ l’animale allevato in Italia ad essere di qualità superiore, e se da un lato la coscia garantisce l’eccellenza del prosciutto dop, è evidente che anche tutti gli altri prodotti che ne derivano meritano di avere la giusta remunerazione. Con l’origine in etichetta si potrà far sì che venga remunerato a prezzi italiani solo il prodotto di suini allevati con criteri, costi e garanzie autenticamente made in Italy. Mentre si porrà fine all’inganno che oggi vende come italiano ciò che nasce ben lontano dai nostri territori, e che dunque non assicura le stesse qualità e la medesima sicurezza, come il recente ‘caso diossina’ dalla Germania ben testimonia».