19 aprile 2024
Aggiornato 22:00
Oggi il referendum

Fiat, Berlusconi sta con Marchionne

Il Premier da Berlino: «Se vince il no giusto lasciare l'Italia». Camusso-Bersani: «Vergogna». La vigilia a Torino è stata carica di eventi fra i dibattiti organizzati dai sindacati per il sì e le iniziative del no

ROMA - Gli operai di Mirafiori cominciano oggi a votare il referendum sull'accordo del 23 dicembre scorso. I primi a votare saranno i lavoratori del terzo turno a partire dalle ore 22. Il 14 gennaio gli addetti del primo e secondo turno; la votazione si concluderà venerdì alle 18.45. E alla vigilia, Silvio Berlusconi ha preso posizione su Fiat schierandosi apertamente con l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, affermando che se vincono i no, ci sono buoni motivi per Fiat per lasciare l'Italia. Dura la replica del leader della Cgil, Susanna Camusso, che attacca: «Sta facendo a gara con l'amministratore delegato di Fiat a chi fa più danno al paese». Fortemente critico anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ritiene «vergognose» le parole del premier.
Marchionne da parte sua ancora ieri sera da Detroit ha ribadito «Ai lavoratori di Mirafiori dico di avere fiducia nel futuro e in loro stessi. Niente altro».
La Fiom Cgil, unico fra i sindacati, non ha firmato contestando le norme sui permessi malattia e l'abolizione delle pause nel testo firmato da Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Fiat.

La vigilia a Torino è stata carica di eventi fra i dibattiti organizzati dai sindacati per il sì e le iniziative del no. Ieri la fiaccolata organizzata dal sindacato è culminata in piazza Castello con migliaia di partecipanti. In mattinata ai cancelli di Mirafiori era arrivato anche Nichi Vendola, leader di Sel, apertamente dalla parte della Fiom a differenza dei leader del Partito Democratico. Per il governatore della Puglia che poi ha tenuto una conferenza stampa assieme a Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom, «Bisognerebbe denunciare Silvio Berlusconi per alto tradimento» perché «Il governo dovrebbe essere arbitro nel gioco degli interessi sociali contrapposti e invece «è sceso in campo senza indossare l'abito dell'arbitro».