6 maggio 2024
Aggiornato 07:30
Verso il G20

Il vertice di Seul preceduto dalla «guerra» di accuse tra leader

Polemiche sui cambi valutari, commercio internazionale e politiche monetarie. La Presidenza mette le mani avanti: «La bozza del comunicato tutta tra parentesi»

SEUL - Forse definirla «guerra» è esagerato ma di sicuro è una accesa disputa quella che ancor oggi, dopo molti giorni di polemiche si è trascinata su cambi valutari, commercio internazionale e politiche monetarie, per il vertice dei capi di Stato e di governo di grandi economie avanzate e giganti emergenti, il G20 che si apre a Seul, in Corea del Sud. E se già circolano indiscrezioni di stampa sulla bozza del comunicato finale - prima ancora che il summit si apra, domani con la cena di benvenuto - a dare una idea dell'aria che tira è la presidenza sud coreana. «Ogni paese è rimasto fermo sulle sue posizioni», ha avvertito Kim Yoon-Kyung, portavoce del comitato di presidenza, «i toni si sono accesi» e non è stato possibile mettere le parti d'accordo. Così nella bozza di comunicato praticamente «tutto è stato messo tra parentesi».

Meglio mettere le mani avanti, sembrano pensare Seul, visti i toni delle dichiarazioni che diversi tra i maggiori leader globali si sono scambiati finora a distanza. Il fronte più acceso è quello vede schierati da una parte Cina e Germania - un inconsueto tandem tra i due maggiori esportatori mondiali - e dall'altra gli Usa, che invece sono in cronico deficit commerciale e la scorsa settimana hanno innescato proteste con un nuovo piano della Federal Reserve a sostegno della ripresa economica, che rischia di indebolire il dollaro. Ma non meno 'provocatori' sono gli ultimi dati su import export giunti dalla Cina: a ottobre ha registrato il secondo miglior avanzo dell'anno, oltre 27 miliardi di dollari. Il tutto mentre il G20 è chiamato anche a ratificare e rilanciare i progressi sul fronte delle riforme nel settore finanziario, per aggiustare quelle criticità che hanno innescato la crisi globale. Crisi che suo mercato del lavoro è lungi dall'esser superata: nel mondo si contano ancora 210 milioni di disoccupati, ha avvertito l'Onu nei giorni scorsi, 30 milioni più rispetto al 2007.