23 aprile 2024
Aggiornato 20:00
Gordon Brown lascia Sarkozy fuori dalla porta di Downing Street

Londra-Parigi: scontro per le regole o per la posizione dominante?

Il presidente francese è accusato di voler togliere lo scettro della finanza alla City londinese

Lo scontro fra la Francia e la Gran Bretagna su come gestire la finanza europea sta diventando veramente serio. Tanto da avere provocato un incidente diplomatico non da poco: il presidente francese Sarkozy oggi non vedrà il Gordon Brown a Downing Steeet, come era stato annunciato. All’Eliseo spiegano che le ragioni di questo rendez-vous mancato dipendono da impegni precedentemente presi dal presidente francese, oggi impegnato con il presidente del Benin. Ma i primi a non crederci sono i giornali francesi.

Per Le Monde la visita sarebbe stata annullata su richiesta degli inglesi, a dir poco infuriati con Sarkozy, per avere cantato vittoria in occasione della nomina di Michel Barnier a Commissario europeo del mercato interno e dei mercati finanziari.
Una vittoria che il presidente francese ritiene sia il primo passo per un cambio di rotta nei confronti della City e del suo modo di guidare la finanza europea.
Quello che ha fatto irritare di più gli inglesi è stata la decisione di Sarkozy di volersi presentare a Downing Street accompagnato da Barnier, che tra l’altro viene indicato come un suo fedelissimo. E’ a questo punto che sarebbe scattato lo stop alla visita imposto da Gordon Brown, che ha rimproverato il collega francese di trattare ancora Barnier come una sua creatura e non come compete al ruolo di Commissario europeo di tutti e non solo dello Stato d’origine.

L’incidente diplomatico non è comunque scoppiato a ciel sereno. Sono giorni che la stampa inglese rimarca la nomina di Barnier come la volontà della Francia di voler approfittare della crisi per riconquistarsi perlomeno una parte dello spazio perso dalla sua piazza finanziaria sui mercati internazionali. Un’operazione che, come primo obiettivo, avrebbe quello di indebolire la City londinese.
Angela Knigth, presidentessa dell’associazione delle banche britanniche inglesi a questo proposito era stata nei giorni scorsi più che esplicita: «Se qualcuno pensasse per solo minuto di mettere repentaglio tutto il lavoro che abbiamo fatto per consentire alla City di diventare la prima piazza finanziaria europea e l’unica in grado di competere con gli Stati Uniti sbaglia di grosso», ha detto la Knigth con tono vagamente minaccioso, ricordando inoltre che il cuore finanziario di Londra vale perlomeno mezzo milione di posti di lavoro e tutto il pacchetto fiscale che in questo momento sta dando una boccata d’ossigeno alle casse esangui del Regno.

Quindi è chiaro che la partita di Sarkozy per cambiare le regole del gioco della finanza, come hanno già dimostrato il fallimento, da questo punto di vista del recente G20, sarà tutt’altro che facile.
A ricordarglielo ieri è sceso in campo il ministro degli affari esteri britannico, Aliastair Darling che in una intervista rilasciata al Times ha messo in guardia il neo commissario Barnier dal pericolo che norme troppo rigide imposte la mondo finanziario potrebbero rivelarsi controproducenti.
La verità è che Sarkozy accusa il modello anglosassone di essere il colpevole principale della crisi che ha travolto il mondo intero. E non caso ha citato Francia, Canada, Italia come gli unici tre paesi che non hanno dovuto far pagare ai loro contribuenti i danni provocati dalle banche. I tre paesi cioè che meno si sono uniformati negli anni scorsi al modello imposto dalla City, anche a costo di essere additati come retrogradi rispetto alla finanza innovativa di stampo londinese.
Il problema è che oggi la gran Bretagna non ha un modello alternativo a quello dominato dalla finanza.
E’ai tempi della signora Thathcher che risale un processo di deindustrializzazione fondato sull’uscita da due settori che storicamente erano stati cavalli di battaglia del Regno Unito, e cioè il tessile e l’auto. Anche se questo non impedisce che gli inglesi oggi producano molte più macchine dell’Italia che teoricamente ha fatto una scelta opposta. Producono automobili, ma non inglesi.

Puntare sui colletti bianchi piuttosto che sulle tute blu finora ha consentito alla Gran Bretagna di esercitare un ruolo sullo scacchiere internazionale di grande rilievo, come sempre compete a chi detiene le chiavi della cassa.
Ora la Francia rimprovera alla City di avere svolto il compito che i britannici si sono conquistati a danno delle altre piazze europee con spregiudicatezza prima e con imperizia poi. E Sarkozy, che certo non ha la mano leggera, ora presenta il conto e lo fa suo modo, rompendo anche un po’ di chincaglieria.
L’Unione Europea ha cercato di arginare l’irruenza del presidente francese mettendo a fianco del commissario Barnier,come direttore generale, un uomo di provata fede finanziaria, come l’inglese Jonathan Faul.

Probabilmente l’arbitro in grado di decretare il vincente di questo scontro fra Parigi e Londra sarà Angela Merkel, che finora però ha evitato di prendere posizione.
Visto il clima che potrebbe formarsi dopo la nomina di Barnier , gli inglesi, che quando c’è da difendere le mura di casa dimenticano ogni aplomb, hanno giocato d’anticipo e a Downing Street hanno cominciato con il lasciare monsieur Sarkozy fuori della porta.
Da oggi la City depone la bombetta e ricorre all’elemetto.