Abu Dhabi, dalla banca centrale liquidità agli istituti di credito
Non è ancora l'atteso aiuto a Dubai World, ma un chiaro segnale agli investitori internazionali
DUBAI - A poche ore dalla riapertura dei mercati le autorità degli Emirati Arabi Uniti cercano di rassicurare gli investitori internazionali assicurando pieno sostegno alle istituzioni finanziarie operanti a Dubai. La Banca Centrale degli Emirati ha annunciato che sosterrà le banche locali ed estere che operano nella federazione, facilitando l'accesso alle linee di credito per fare fronte alla pesante situazione debitoria dell'emirato guidato dallo sceicco Mohammed bin Rashed al-Maktoum.
In una nota indirizzata alle banche locali ed estere la Banca Centrale degli Emirati ha reso noto di voler rendere disponibile «una quantità di liquidità aggiuntiva» collegata ai loro conti presso l'istituto. L'intervento della Banca Centrale giunge pochi giorni dopo il forte rallentamento dei mercati causato dalla notizia che la Dubai World ha chiesto sei mesi di proroga per pagare parte dei 60 miliardi di dollari di debiti.
La banca centrale - si legge nel suo comunicato - assicurerà la liquidità aggiuntiva a un tasso superiore di 50 punti base, pari a mezzo punto percentuale, al di sopra del tasso interbancario degli Emirati.
Con questa decisione l'istituto centrale dell'Emirato cerca di rassicurare i mercati a poche ore dalla riapertura dei mercati di lunedì, dopo le consistenti perdite registrate nei giorni scorsi sulle piazze borsistiche internazionali. Gli investitori internazionali mercoledì scorso erano stati spiazzati e irritati dalla notizia che la Dubai World, nell'ambito del suo processo di ristrutturazione, avrebbe chiesto ai suoi creditori di far slittare il rimborso del suo debito e di quello della sua consociata immobiliare Nakheel, almeno fino a maggio. Per quest'ultima società a dicembre verranno infatti in scadenza debiti obbligazionari per ben 3,5 miliardi di dollari.
Ma il debito complessivo di circa 60 miliardi di dollari registrato dal gruppo, costituisce la parte preponderante degli almeno 80 miliardi del debito accumulato da Dubai a seguito di una crescita esplosiva che nell'ultimo decennio ha trasformato la città-stato in una megalopoli di stampo americano. E la Dubai World, con interessi che spaziano dalle attività portuali a quelle immobiliari, è stata indubbiamente il motore di tale crescita.
Nei giorni successivi all'annuncio della richiesta di riscadenzamento del debito, alti funzionari di Dubai si sono recati nel vicino emirato di Abu-Dhabi, ricchissimo di petrolio, e sede del governo federale, per una serie di incontri. Alcuni analisti hanno ipotizzato che la tempistica dell'annuncio da parte dei Dubai World - giunto alla vigilia di una festività islamica di tre giorni - abbia colto di sorpresa persino i governanti di Abu Dhabi, mettendoli così sotto pressione per varare misure volte a ristabilire la fiducia nelle banche del Paese.
Un'azione necessaria, anche perchè una larga parte del debito di Dubai World grava proprio sulle banche degli Emirati, che nei giorni scorsi sono entrate nel mirino delle agenzie di rating internazionali con il declassamento o la messa in revisione delle valutazioni.
La saga di Dubai non giunge inattesa. Era da tempo evidente che i debiti dell'emirato siano superiori alla capacità dello stesso di ripagarlo. Ma resta invece non chiaro quale sia la vera entità del debito complessivo e quali siano state le azioni messe in atto dalla dirigenza dell'Emirato per evitare il panico nelle fasi nascenti della peggiore crisi finanziaria internazionale degli ultimi 60 anni. Un dubbio menzionato, ad esempio, dal quotidiano locale Al-Itihad che cita un anonimo alto dirigente di Dubai World secondo il quale negli ultimi mesi la società «ha totalmente respinto la possibilità di vendere a basso prezzo alcuni dei buoni investimenti e attività reali in portafoglio».
Secondo la stessa fonte ogni vendita doveva essere intesa «in uno schema corretto dal punto di vista commerciale allo scopo di conseguire per la società gli obiettivi strategici di lungo periodo, senza pressioni economiche».
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