Cereali: produzione in forte calo (-23 per cento)
Per il grano duro è drammatico crollo (-40 per cento). E intanto si annuncia un’ulteriore flessione per le ormai imminenti semine
ROMA - Il 2009 sarà ricordato come l’anno della «debacle» per i cereali «made in Italy». La produzione registrerà una flessione di circa il 23 per cento, con punte anche del 40 per cento per il grano duro. Una crisi profonda che sta provocando pesantissimi riflessi per gli imprenditori, sempre più in piena emergenza e soprattutto alle prese con un caduta verticale dei prezzi. Il grido d’allarme viene dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori fortemente preoccupata per uno scenario carico di nubi che rischia di aggravarsi ulteriormente, visto che molti produttori non sembrano intenzionati a seminare per la prossima stagione.
I dati di questo crollo - avverte la Cia - vengono confermati anche dall’Ismea nel suo ultimo rapporto sulle tendenze agroalimentari dove si segnala per l’intero settore cerealicolo una tendenza al ribasso per tutto il 2009.
Il forte calo produttivo -sottolinea la Cia- è dovuto sia a fattori climatici sia all’andamento oscillatorio del mercato che ha praticamente costretto diversi agricoltori a non seminare. Sta di fatto che proprio le semine sono diminuite di oltre il 30 per cento e i terreni coltivati a cereali sono poco meno di un milione di ettari.
Particolarmente grave è la flessione registrata dal grano duro e ciò non si è verificato soltanto al Sud (meno 39 per cento in Puglia, meno 40 per cento in Basilicata, meno 44 per cento in Calabria, meno 35 per cento in Sicilia), ma anche al Centro-Nord (meno 25 per cento in Toscana, meno 30 per cento nelle Marche, meno 22 per cento in Emilia Romagna).
Per il grano duro «made in Italy» è, quindi, «profondo rosso». I prezzi pagati ai produttori sono in picchiata (13-15 euro al quintale) e addirittura più bassi di venti anni fa, quando le quotazioni erano di 50.000 lire, pari ad euro 25,82. Un «taglio» di quasi il 50 per cento. I produttori italiani sono ormai al collasso e oltretutto fanno i conti con costi alle stelle (più 25 per cento rispetto al 2008).
Basti ricordare -rimarca la Cia- che produrre un ettaro di grano duro costa all’agricoltore circa 900 euro, mentre i ricavi non arrivano a 600 euro. Si lavora, quindi, in perdita e certamente questo stato di cose non favorirà la ormai imminente campagna di semine.
Una situazione che diventa ancora più complessa a causa dalla continua crescita dell’importazione dai paesi extracomunitari, come gli Stati Uniti, il Canada, il Messico, l’Australia e la Turchia e alla quale si aggiungono manovre speculative che stanno provocando danni irreparabili per il prodotto nazionale.
Non dissimile il fronte del grano tenero. Anche qui -sostiene la Cia- si assiste ad un calo produttivo accentuato, tra il 15 e il 20 per cento in meno rispetto alla precedente campagna.
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