5 maggio 2024
Aggiornato 19:30
In 1.500 fra gli scaffali del “Carrefour” di Assago

Milano, mucche al pascolo davanti all’iper

Verso le 10.30 è arrivata sul piazzale la mucca Onestina, ospite di una delle stalle del territorio lombardo

MILANO - Mucche al pascolo davanti all’ipermercato Carrefour di Assago. Questa mattina 1.500 sostenitori della Coldiretti hanno dato una dimostrazione in diretta di cosa significa avere un alimento la cui origine non è sconosciuta. Infatti, senza dover ricorrere a polveri o a cisterne arrivate da chissà dove, verso le 10.30 è arrivata sul piazzale la mucca Onestina, ospite di una delle stalle del territorio lombardo. E subito dopo un fiume di agricoltori si è riversato fra gli scaffali del centro commerciale a caccia di prodotti che sembrano Made in Italy ma che non lo sono. Il risultato è stato un carrello pieno di prosciutti, mozzarelle, salami con nomi in italiano ma dalla provenienza incerta.

«Dopo una battaglia durata anni e dopo la raccolta di oltre un milione di firme – spiega Carlo Franciosi, Presidente della Coldiretti di Milano e Lodi – siamo riusciti ad ottenere che almeno sul latte fresco venisse indicato il luogo di mungitura. Ma una parte importante dei consumi riguarda anche quello a lunga conservazione, sul quale non c’è nessun obbligo e si possono fare, commercialmente, tutti i giochi possibili. Tanto nessuno verrà mai a sapere se quel latte è italiano o giunge da uno dei 26 paesi esteri dai quali l’Italia importa».

Su 111 milioni di tonnellate prodotte dalle nostre stalle, ce ne sono quasi 86 milioni di latte equivalente che arrivano da oltre confine. E tutte le regioni sono danneggiate da questo «fiume carsico» che entra in Italia e poi sparisce fra mille meandri più o meno sotterranei fatti di mozzarelle, formaggi, semilavorati, cagliate. Ma non mancano prosciutti e insaccati vari di dubbia origine, come dimostrano i controlli fatti al Brennero nei giorni scorsi.

«Ormai ci sono messe anche le ditte di logistica a far arrivare in Italia tutto lo scibile lattiero caseario del mondo – commenta Franciosi – tanto per loro caricare mobili o cagliate, vernici o mozzarelle, è la stessa cosa. Ma che senso ha, soprattutto se parliamo di qualità e di garanzia per il consumatore. Con l’indicazione di origine almeno uno sa quello che compra e può scegliere. La trasparenza dell’origine è il pilastro fondamentale di qualsiasi garanzia per i consumatori e per le nostre aziende. E anche la grande distribuzione può fare la propria parte, separando sugli scaffali i veri prodotti italiani da quelli che di italiano hanno poco o nulla. E sarà anche un modo per verificare sul serio quali sono le preferenze della gente. Noi siamo disposti ad accettare questa sfida. Ma gli altri, industrie e supermercati, hanno lo stesso coraggio?».