5 maggio 2024
Aggiornato 13:30
Crisi economica

Marcegaglia: «Cento giorni di azioni mirate, no nuove tasse»

«Pressing su banche per facilitare accesso credito alle imprese»

SANTA MARGHERITA - La situazione economica resta difficile, le imprese soffrono la crisi. Senza misure straordinarie e interventi rapidi del Governo, un pezzo del sistema imprenditoriale, quello sano, rischia di sparire. Dal palco del 39esimo convegno dei giovani industriali, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, si è rivolto al Premier Silvio Berlusconi, seduto in platea, con un appello assai accorato.

Il leader dell'associazione di viale dell'Astronomia ha invocato un impegno straordinario, cento giorni di azioni mirate per aiutare quei flebili segnali di ripresa e consentire alle imprese di attraversare il deserto con i mezzi necessari per uscirne vive. Marcegaglia ha spronato anche le forze politiche e sociali a marciare uniti, a ritrovare la coesione per il bene del paese, mettendo da parte liti e beghe perché dalla crisi si deve e si può uscire tutti insieme.

La ricetta di Confindustria è quelle ripetuta in queste settimane: meno burocrazia, rendere più facile l'accesso al credito alle aziende, allentare la pressione fiscale, regole comuni per evitare un nuovo collasso finanziario, sostenere gli investimenti e la ricerca. «I prossimi cento giorni saranno fondamentali - ha detto Marcegaglia - se non agiamo velocemente rischiamo di perdere un pezzo del nostro sistema produttivo. Servono cento giorni di concretezza e di azioni mirate per avere una svolta nella nostra attività«.

Il presidente degli imprenditori ha ammesso che «la situazione non è facile, ma difficile. In questi mesi rischiamo di perdere un pezzo del sistema produttivo. Dobbiamo trovare delle soluzioni e portarle avanti. Siamo vivi e combattivi. Vogliamo reagire, ma c'è bisogno di qualcosa di straordinario per il paese. Serve una stagione nuova perchè la fiducia da sola non basta».

Entro cento giorni, le cose elencate «diventino concrete - ha incalzato Marcegaglia - dobbiamo aiutare le imprese a sopravvivere. Dobbiamo avviare riforme strutturali, cerchiamo di capire come portarle avanti e dare un sollievo alle imprese e ai cittadini». Per centrare l'obiettivo «è molto importante che il paese ritrovi la coesione sociale, non dobbiamo farci del male. Uniamoci - ha proposto - e facciamo in modo che le beghe interne non abbiamo un impatto sulle vicende internazionali».

Sull'apertura dei cantieri, su cui Berlusconi ha rinnovato l'impegno davanti alla platea dei giovani imprenditori, «si deve fare di più: facciamo uno sforzo per aprirli tutti». Mentre alle banche «dobbiamo dire che se manca il credito alle imprese che sono sane - ha sottolineato Marcegaglia - c'è il rischio che queste aziende muoiano. Questa è la nostra priorità, va fatto un pressing forte perchè le banche facciano il loro mestiere e non lascino sole le imprese. Questo è essenziale».

«NO A NUOVE TASSE» - Sul tema delle tasse è inoltre partita la critica all'indirizzo del Partito democratico e del suo responsabile Economia, Pierluigi Bersani. «Per favore, non scherziamo - ha rimarcato - il paese ha già troppe tasse. Non serve nessuna nuova imposta. Serve la lotta all'evasione e tagliare la spesa improduttiva».

Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, cui Marcegaglia ha sollecitato l'applauso dei giovani imprenditori per come ha gestito in questo anno la vicenda della cassa integrazione, ha ricordato che «i mesi che abbiamo di fronte a noi possono essere particolarmente difficili, anche se sono quelli che ci avvicineranno al dopocrisi. I segnali di ripresa sono evidenti e su questi bisogna far leva. Sarebbe colpevole non aiutarli. Abbiamo temuto il peggio - ha aggiunto - ma il peggio è alle spalle. Abbiamo bisogno di stabilità, liquidità e occupabilità».

E poi un «appello responsabile ad andare a lavorare - ha detto Sacconi - può sembrare una provocazione, una affermazione cinica. Ma deve avere riscontro in una realtà dove ci sono lavori rifiutati da giovani, che spesso sono intrappolati in corsi di laurea senza sbocco. Può rappresentare una crescita della loro responsabilità e capacità che sarà apprezzata nel dopocrisi, quando un capo del personale le analizzerà e vedrà che si sono messi in gioco nella crisi e che non hanno atteso nell'inattività. Magari si sono messi a fare gli imbianchini e gli operai, non rifiutando anche i lavori umili».