26 aprile 2024
Aggiornato 07:00

L'anomalia del latte italiano: ridotti i costi, rincara

Coldiretti: Colpa di filiera troppo lunga e di distribuzione

BRUXELLES - C'è un'anomalia tutta italiana nella crisi del settore lattiero-caseario che ha colpito l'Ue: in tutti gli Stati membri c'è stato nell'ultimo anno un forte calo, fino al 40%, dei prezzi alla stalla (quelli pagati agli allevatori), e conseguentemente sono diminuiti, anche se molto meno, i prezzi al consumo. L'unico Stato membro in cui, invece, i consumatori pagano addirittura di più il latte e i prodotti derivati è proprio l'Italia. Lo ha denunciato oggi la Coldiretti durante il duo Forum a Bruxelles sul tema «Come l'Europa cambia la spesa degli italiani».

«Non si spiega come a fronte di questo crollo del 40% dei prezzi alla produzione (da 42 a 30 centesimi al litro), ci sia stata in Italia addirittura un aumento del prezzo al consumo (intorno a 1,5 euro) del 2,8%», ha detto il presidente dell'associazione agricola, Sergio Marini, aggiungendo poi che il problema vero è quello di «un sistema di filiera, spesso lungo, con troppi intermediari, che scarica la propria inefficienza sui suoi estremi più deboli, il produttore da una parte e il consumatore dall'altra».

Bisognerebbe allora «accorciare e rendere più efficiente la filiera, evitando fenomeni speculativi. Ma in Italia l'80% della produzione alimentare è gestita e controllata nella grande distribuzione da solo cinque piattaforme (Coop, Conad, Esselunga, e le due straniere Auchan e Carrefour, ndr), che si trovano in situazione di quasi monopolio» e fanno il bello e il cattivo tempo con i produttori.

«I produttori - ha sottolineato Marini - devono pagare per entrare e 'noleggiare lo spazio' sugli scaffali dei supermercati, devono sobbarcarsi il costo delle promozioni tipo 'paghi due prendi tre', devono riprendersi i prodotti invenduti, e, a fine anno, se il bilancio di vendita è stato superato, sono anche costretti a fare degli 'sconti'. Per questo, Coldiretti sta cercando di sviluppare una rete di 20.000 punti vendita diretti in Italia, per avere davvero condizioni di concorrenza nel settore», ha concluso Marini.