25 aprile 2024
Aggiornato 20:00

Crisi, Filcem: industrie manifatturiero rischiano di divenire «Bonsai»

Martedì 31 marzo a Reggio Emilia il sindacato presenta le sue proposte per il rilancio industriale

ROMA - Il peggio deve ancora arrivare. La crisi economica in atto sta sconvolgendo una parte consistente dell’intero settore manifatturiero italiano (gomma-plastica, ceramica, piastrelle, vetro, concia, lampade), soprattutto per l'ulteriore calo nella produzione nell'ultimo trimestre del 2008: vetro (- 18,2%), materie plastiche (- 14,1%), ceramiche (- 11,2%), gomma (-28,8%), concia (tra il 15 e il 40% addirittura). Un vero e proprio bollettino di guerra. Dati questi, sostiene una recentissima indagine di Unioncamere, che confermerebbero quasi 90.000 dipendenti in meno in tutti i settori dell'economia solo nei primi 3 mesi del 2009, anche in conseguenza del fatto che il 31% delle imprese manifatturiere ha registrato un peggioramento nella concessione del credito nell'ultimo anno.

Una crisi senza precedenti. Non è dunque un caso se le grandi multinazionali dell’industria del vetro chiudono stabilimenti, mettendo il personale in cassa integrazione: parliamo della «Owens Illinois» di Castel Maggiore (Bologna), di Napoli Stampi e dello stabilimento di Sangemini (Terni), rispettivamente con 102, 46 e 82 lavoratori coinvolti nella cassa integrazione; della «Pilkington» di Chieti, dove è in corso la cig ordinaria per 1.800 dipendenti per 13 settimane; della «Seves» di Firenze (180 unità in cigs per 12 mesi); del distretto artistico di Murano, famoso nel mondo, ma in grave crisi, dove in 600 (su un totale di 800 addetti) sono coinvolti dalla cig; della «Rocco Bormioli», che ha effettuato fermate produttive nei mesi di dicembre 2008 e gennaio 2009 negli stabilimenti di Altare (Savona) e Fidenza (Parma), con 590 addetti interessati.
Ma la vertenza all’ordine del giorno si chiama «Asahi Glass Company» (Agc), il gigante giapponese leader mondiale nella produzione del vetro per auto e edilizia, che ha ricorso alla cassa integrazione straordinaria per dodici mesi – a partire dal 1 febbraio 2009 - per gli stabilimenti di Cuneo e Roccasecca (Frosinone): interessati circa 370 lavoratori.
Il ricorso alla cassa integrazione straordinaria è ormai pratica diffusa anche nel comparto delle lampade e display, alla «Videocon» di Anagni (1150 le persone colpite fino al 6 maggio 2009, con un epilogo che si preannuncia amaro: il rischio di restare senza lavoro; ma nell'intera provincia di Frosinone su 9600 addetti nel chimico-manifatturiero, 6000 coinvolti in crisi aziendali), ma anche alla «Osram» di Treviso (390 su 700) e alla «Leuci» di Lecco (80 su 130 per tutto il 2009).

La spada di Damocle degli alti costi dell'energia mette a dura prova l'industria della ceramica, delle piastrelle e dei refrattari (complessivamente oltre 42.000 gli addetti). Infatti i costi totali della componente energia (gas ed elettricità) nella fabbricazione delle piastrelle in ceramica hanno avuto una ulteriore impennata dell'11,40% nei primi sei mesi del 2008. Nel dicembre 2008, rispetto allo stesso periodo del 2007, l'andamento del gas naturale per usi industriali subisce un ulteriore incremento che lo porta a 0,38 euro al metro cubo (dallo 0,28 precedente), incidendo pesantemente sulla produzione e sui margini di redditività dell'industria italiana.

Ma la crisi che più ha avuto, proprio recentemente una vasta eco anche sui «mass media» riguarda un’impresa ‘gioiello’ della ceramica, uno dei simboli del made in Italy, la «Iris Ceramica» di Sassuolo, al 5° posto della relativa classifica mondiale, che dopo aver annunciato improvvisamente, il 5 gennaio, la messa in liquidazione dei 3 stabilimenti con 780 lavoratori in via di licenziamento, il 17 gennaio fa «dietro front», raggiungendo un accordo con sindacati ed Enti locali che scongiura la dismissione. Il 27 febbraio azienda e sindacati raggiungono un'intesa complessiva sul piano industriale, investimenti, impegno a non licenziare nessuno, a fronte di un piano composto da ammortizzatori sociali e progetti formativi: il piano triennale 2009-2011 prevede il ricorso alla cigs, con l'obiettivo di mantenere a regime almeno 500 lavoratori degli attuali 705. Altrettanto grave la crisi di «Emilceramica» (800 i lavoratori del Gruppo, in presidio permanente) che ha chiesto 116 licenziamenti per cessata attività dello stabilimento di Solignano (Modena), e comunicato la decisione di mettere 512 lavoratori in cig per il periodo febbraio – maggio 2009; come desta allarme la crisi scoppiata alla «Fincuoghi Industrie Ceramiche» (Parma) dove l'azienda ha annunciato l'intenzione di chiudere lo stabilimento di Bedonia (oltre 100 i lavoratori coinvolti). Per attutire gli effetti della crisi, sono stati firmati diversi contratti di solidarietà nel settore: alla «Daytona» di Castelvetro, alla «Fincuoghi» di Sassuolo, alla «Co.em», alla «Studio Live» di Fiorano Modenese, ecc.

Riassumendo, nel settore delle piastrelle, sono oltre 6.000 i lavoratori (su circa 27.000 addetti) coinvolti nel ricorso alla cassa integrazione ordinaria, soprattutto appartenenti al distretto leader di Modena, Reggio Emilia, Imola, Faenza, mentre nel comparto dei refrattari l’organico (137 unità) della «Sirma» di Venezia è tutto in mobilità, con i lavoratori che stanno lottando per tenere aperta la fabbrica: sembra naufragata la possibilità della cooperativa costituita dai lavoratori per acquisire il sito produttivo.

Nella ceramica sanitaria - alla crisi conclamata del distretto di punta di Civita Castellana (Viterbo), dove su 55 aziende (l'84,3% di quelle italiane) in 52 si fa ricorso alla cig ordinaria, straordinaria, in deroga, per complessivi 1400 lavoratori su 2700 addetti - si aggiungono i circa 400 lavoratori «interinali» licenziati, perchè non coperti dagli ammortizzatori sociali. La Filcem-Cgil di Viterbo, per salvare il settore dal disastro, ha proposto al Governo un piano straordinario che prevede la «rottamazione» dei sanitari in tutti gli immobili e gli alloggi di proprietà pubblica. Clima ugualmente pesante alla «Ideal Standard», dopo che la multinazionale americana ha fatto ricorso, per i suoi quattro impianti italiani, alla cassa integrazione ordinaria fino a tutto marzo (oltre 2000 dipendenti interessati). Non dissimile la situazione alla «Pozzi Ginori» di Gaeta (Latina) dove l'azienda ha chiesto la cassa integrazione straordinaria per tutto il 2009 (432 i dipendenti coinvolti) visto l'aggravarsi della crisi del settore dell'edilizia residenziale.

Nel settore delle stoviglierie, sempre a Civita Castellana, le 200 lavoratrici rimaste sono invece in contratto di solidarietà: il caso più eclatante è quello della «Quadrifoglio» (400 dipendenti) che ha terminato la cigs e ha messo tutti in mobilità. Non va meglio alla «Cesame» di Catania, con la produzione attualmente ferma e il personale confinato da tempo in mobilità (180 unità) o in attesa di cig (gli altri 137).

Un quadro a tinte fosche è anche quello della gomma–plastica, (a picco la produzione industriale della gomma nell'ultimo trimestre rispetto al settembre 2008: -28,8%), dove si fatica ad individuare aziende che non abbiano, o non avranno, procedure di cig o mobilità, a partire da 190 lavoratori della «Pirelli» (130 alla Tyre e 60 alla Re) e alla cessazione della produzione pneumatici nello stabilimento «Michelin» di Stura (Torino). Anche a Latina la «Nexans» – la multinazionale francese, leader mondiale nell'industria dei cavi per energia e telecomunicazioni – ha preannunciato la cassa integrazione per i suoi 162 lavoratori addetti. Così come versa in grosse difficoltà tutto il comparto dell’indotto auto, «Cf-Gomma» su tutti, la società che produce e commercializza componenti in gomma e metallo per il settore «automotive», che ha prorogato la cigs nei tre siti di Passirano (Brescia), Grezzago (Milano) e Venezia Reale a Torino fino ad un numero massimo di 822 unità tra operai, quadri e impiegati.

«Con le recenti ristrutturazioni in atto effettuate dal gruppo, si rischia brutto – avverte la Filcem-Cgil - ma tutto dipenderà ovviamente dall’andamento della crisi Fiat». In generale, si prevede un 2009 pesante per la gomma, nonostante qualche timido segnale di ripresa nel settore auto e malgrado il buon accordo raggiunto con Michelin il 2 dicembre 2008, dove «siamo riusciti – ricorda Alberto Morselli, segretario generale Filcem-Cgil - a strappare un impegno di 200 milioni di euro di investimenti nei prossimi cinque anni, e un analogo impegno a ricollocare tutto il personale di Stura, potenziando l’impianto di Cuneo». L'auspicio è che negli altri due colossi della gomma, «Bridgestone» e «Pirelli», ci sia uno stesso impegno a mantenere gli investimenti annunciati, a cominciare dal nuovo stabilimento che Pirelli realizzerà a Torino.

E' crisi profonda anche nella produzione di elettrodomestici e, conseguentemente, nel settore delle guarnizioni: per ora il dato quantitativo non è disponibile come dato omogeneo, ma la richiesta dei sindacati alla Federazione Gomma Plastica di aprire l'Osservatorio di settore può essere utile a confrontare le tendenze con i dati in loro possesso. Soprattutto in Lombardia, nelle piccole e medie imprese della gomma-plastica, si registra uno stato di crisi fino all'80%.

La crisi si fa pesantemente sentire anche nei distretti industriali della concia dove la tendenza negativa è generalizzata. A fine 2008 le stime sul calo del numero di addetti e imprese del settore mostrano, a livello nazionale, una contrazione rispettivamente del 7% e del 3%. Ad Arzignano (Vicenza) su 8.000 addetti, 600 sono in mobilità e più di un migliaio in cig, distribuiti in 115 aziende; a S. Croce (Pisa), dove a finire in cassa sono in 400 (+30% rispetto al 2007), mentre svariate piccole imprese hanno chiuso i battenti; a Solofra (Avellino) la «Albatros», la più grande conceria dell’omonimo distretto, ha collocato 400 persone tra cig e mobilità, per non parlare, poi, di alcune realtà del centro storico (un’ottantina gli addetti) che stanno cessando l’attività, senza alcuna possibilità di ricorso agli ammortizzatori sociali. «Con l'Unic (l'associazione imprenditoriale del settore aderente a Confindustria, n.d.r.) stiamo sottoscrivendo – annuncia Morselli – un documento congiunto a sostegno del comparto, da sottoporre alla Presidenza del Consiglio sul mantenimento dell'occupazione, sull'accesso al credito, il contenimento dei costi, l'innovazione, la concorrenza con i paesi emergenti. Anche perché per queste imprese, come per quelle artigiane, non è prevista alcuna estensione della cig, ma solo un modesto ampliamento dell’indennità di disoccupazione».

Le proposte che avanza la Filcem-Cgil. «Darsi una mossa – aggiunge Morselli – in quanto è fin troppo evidente la colpevole sottovalutazione della crisi e dei suoi effetti sul piano sociale da parte del Governo. E' chiaro – aggiunge - che ora siamo agli interventi congiunturali, nessuna fabbrica deve essere chiusa. Dobbiamo mantenere il potenziale produttivo, evitando i licenziamenti: per questo chiediamo più fondi per la cassa integrazione, per quella in deroga, l'aumento dei massimali di cassa, esempi di solidarietà generalizzata, un fisco che faccia la sua parte. Ma poi, a crisi terminata, c'è bisogno di pensare ad interventi strategici e concentrare sin da subito le risorse su ricerca, innovazione di prodotto e di processo, più brevetti, formazione permanente. In questo ambito la riforma della Pubblica amministrazione che supporti i progetti industriali è un'esigenza inderogabile.

«Un aiuto concreto a queste imprese – propone Morselli – può arrivare oltre che dal credito e dai Tremonti bond – anche da «soccorsi» finanziari della Cassa Depositi e Prestiti, come il suo amministratore delegato ha recentemente affermato». E poi – prosegue il segretario della Filcem – in una situazione di crisi veramente senza precedenti, non ci vedo niente di scandaloso se le imprese più redditizie, penso in primo luogo ad Eni ed Enel, sostengano il sistema industriale italiano, attivando vere e proprie manovre anticrisi con investimenti nelle energie rinnovabili, nella ricerca per il risparmio energetico, oltre a contenere prezzi e tariffe dei prodotti energetici. Avrebbero senz'altro un effetto ben più significativo di quell'elemosina della social card... «. «Insomma dalla crisi – conclude Morselli – occorre uscire a testa alta, senza desertificazioni del nostro apparato industriale, creando le condizioni per il suo rilancio competitivo nella divisione internazionale del lavoro».