31 luglio 2025
Aggiornato 07:30
Nonostante le difficoltà in Italia e nel mondo

Il Made in Italy alimentare tiene

La produzione alimentare a 120 miliardi di euro

1) La produzione alimentare a 120 miliardi di euro - In un periodo di crisi pesante come quello che attraversa il sistema economico internazionale, l’industria alimentare, grazie alle sue doti anticicliche, riesce a «tenere» meglio rispetto agli altri settori dell’economia. La produzione totale dell’industria del Paese è infatti scesa del -4,3% nel 2008 mentre quella dell’industria alimentare è calata solo del –1,5%.
In ogni caso, il calo della produzione alimentare, sebbene leggero, è comunque significativo del malessere di fondo del Paese e desta preoccupazione alla luce delle previsioni per il 2009, anno in cui, soprattutto a causa di un indebolimento dei flussi di esportazione la produzione potrebbe attestarsi attorno al –2/3%.

Sull’arco 2000-2008 la produzione alimentare del Paese ha mantenuto ancora, comunque, una crescita complessiva di 7,7 punti (quasi un punto l’anno), mentre la produzione industriale nel suo complesso ha perso 5,8 punti. Ne esce una «forbice» di 13,5 punti fra i due trend che la dice lunga sulla valenza strategica del settore alimentare.

L’ultimo mese 2008 può indicare la «velocità di uscita» verso l’anno successivo. Ebbene, il settore alimentare a dicembre 2008 ha ridotto il proprio livello di produzione sullo stesso mese 2007 del -1,3% in termini grezzi e del -4,3% a parità di giornate lavorative . Il totale industria nazionale invece è scivolato del -12,2% in termini grezzi e del -14,3% a parità di giornate, rispetto al dicembre 2007.

2) Il mercato interno - Da due anni ormai i consumi interni presentano fenomeni di erosione. Le vendite alimentari a prezzi correnti 2008 si sono fermate sul +1,0%, una variazione a prezzi correnti, che incorpora la dinamica dei prezzi e delle quantità.

I prezzi alimentari 2008 al consumo (lavorato + fresco) hanno oscillato in media attorno al +5,0%, anche se in chiusura d’anno sono scesi sotto il +3%. E’ chiaro quindi che il citato incremento del fatturato delle vendite alimentari (+1,0%) non ha coperto l’inflazione, per cui i volumi 2008 hanno ceduto.

In questo contesto, la grande distribuzione ha mantenuto in media tre punti di scarto sul trend delle vendite dei piccoli esercizi. Hanno accelerato ancora «hard discount», «primi prezzi» e «promozioni», a testimonianza delle tendenze «low cost» nella spesa degli italiani.

3) L’export a 20 miliardi di euro, con un avanzo commerciale di ben3,52 miliardi - Nel 2008 l’export alimentare ha fatto registrare a consuntivo un rilevante +10% circa in valuta e si è rivelato positivo in quantità. Si tratta di un risultato significativo che ha consentito all’intero settore di «reggere» dinnanzi alla sfavorevole congiuntura internazionale, maturato però grazie all’exploit messo a segno nella prima parte dell’anno allorché i tendenziali avevano oscillato attorno al +16% in valuta e al +4% in quantità. Gli ultimi mesi hanno fatto registrare una brusca frenata anche delle esportazioni che, con l’allargarsi della crisi economica internazionale, sono destinate ad indebolirsi ulteriormente.

La variazione in valuta dell’export 2008 è amplificata inoltre dal fatto che alcuni comparti legati ai derivati dei cereali, hanno venduto all’estero con incrementi in valuta connessi al fattore prezzo delle materie prime. Al netto di questi comparti, la crescita 2008 dell’export scende dal +10% al +7%, che significa conferma, e non più forte accelerazione, dei tassi espansivi registrati nel biennio 2006-2007.

L’export 2009 potrebbe ridursi di alcuni punti percentuale. La riduzione della capacità di assorbimento dei mercati, e in particolare di sbocchi fondamentali come Usa, Germania e Regno Unito, si farà sentire.

Nell’ultimo decennio, la crescita dell’export alimentare è stata costante, con tassi espansivi in valuta oscillanti tra il +6% e il +8%. Sull’arco 2000-2008, le esportazioni del settore sono aumentate così del +60%, contro il +40% dell’export totale nazionale. E’ un’altra «forbice» significativa, pari a 20 punti, che sottolinea le capacità performanti del settore e la qualità vincente della produzione alimentare nazionale.

La crescita delle esportazioni dell’industria alimentare negli ultimi anni è stata una «rincorsa» verso una proiezione internazionale più vicina a quella dell’industria alimentare europea. Malgrado la grande immagine di cui il «food and drink» italiano gode nel mondo, la frammentazione del sistema produttivo nazionale non ha facilitato gli sforzi di penetrazione nei mercati. L’incidenza 2008 del fatturato export sul fatturato totale del settore, pur in presenza del massimo storico dell’export con 20 miliardi di euro, ha quasi raggiunto il 17%, rimanendo ancora circa 2 punti sotto la media europea e 3/4 punti sotto la Germania e la Francia.

Va aggiunto che, paradossalmente, la relativa «debolezza» dell’export di settore, nel 2009, potrebbe rivelarsi utile. Il settore alimentare aggregato infatti è meno orientato all’export della media dell’industria nazionale. E ciò attutirà gli effetti depressivi sulla produzione alimentare che avranno i mercati esteri, i quali sicuramente manifesteranno cali di domanda ben maggiori del mercato interno. D’altra parte, questo significa che, all’interno dell’aggregato, i comparti export -oriented (ad esempio, riso, conserve vegetali, vino, pasta, olio, alcuni segmenti del lattiero-caseario) rischiano, in linea di massima, i ridimensionamenti di produzione maggiori.
Complessivamente, al di là dei comparti, rischiano anche i DOC, i DOCG, i DOP, gli IGP e, in linea generale, al di là delle denominazioni protette, i prodotti a maggiore valore aggiunto e di prezzo più alto.