5 maggio 2024
Aggiornato 19:30
Il riordino degli enti agricoli regionali è ferma in consiglio regionale.

Enti agricoli Basilicata: Fai Cisl chiede di accelerare la riforma

Per la Fai Cisl è un ritardo ingiustificabile alle luce delle difficoltà del settore primario

POTENZA - Il riordino degli enti agricoli regionali è ferma in consiglio regionale. Per la Fai Cisl è un ritardo ingiustificabile alle luce delle difficoltà del settore primario.
Che fine ha fatto la riforma degli enti agricoli regionali? Se lo chiedono il segretario generale della Fai Cisl Basilicata, Antonio Lapadula, ed il coordinatore Fai dei tre consorzi di bonifica Vulture-Alto Bradano, Bradano-Metaponto, Alta Val d'Agri, Antonio Mezzapesa.

Il ddl che avrebbe dovuto mettere ordine nel sistema regionale degli enti al servizio dell'agricoltura (Alsia, Arbea, associazione degli allevatori e consorzi di bonifica), dopo essere stato licenziato dalla terza commissione nello scorso mese di novembre, è ancora fermo in consiglio regionale. Una situazione di stallo che Lapadula e Mezzapesa considerano «ingiustificabile alla luce delle emergenze che il settore primario lucano vive pressoché quotidianamente e nonostante la sostanziale convergenza delle parti sociali sul testo della riforma».

I due leader sindacali invitano governo e consiglio regionale a rimettere in agenda «una riforma fondamentale per lo sviluppo e la modernizzazione della nostra agricoltura. Il riordino degli enti al servizio dello sviluppo agricolo e rurale lucano, a partire dai consorzi di bonifica, è un obiettivo strategico - proseguono Lapadula e Mezzapesa - che come categoria abbiamo sostenuto e condiviso, adoperandoci al suo miglioramento in sede di concertazione, nella convinzione che le profonde e radicali trasformazioni che attraversano il settore primario a livello europeo non si possono affrontare con continui rinvii e soluzioni transitorie che finiscono per ostacolare il pieno sviluppo di un comparto produttivo dai numeri ancora molto significativi sia in termini produttivi che occupazionali».