31 luglio 2025
Aggiornato 22:30
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 7 gennaio 2009, n. 45

Outsourcing: obblighi del committente. Deve cooperare con l'appaltatore nell'apprestamento delle misure di prevenzione

Il datore di lavoro è altresì responsabile dei lavori commissionati a soggetti terzi e dei comportamenti omissivi

Con la sentenza del 7 gennaio 2009, n. 45 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha ribadito quali sono che obblighi di sicurezza gravanti ex art. 2087 cod. civ. sul datore di lavoro che invii un proprio dipendente a lavorare in un ambiente lavorativo esulante dal proprio dominio diretto, nel quale sono presenti i rischi propri di quel contesto lavorativo, derivanti dall'azione di lavoratori dipendenti da altre imprese, o di lavoratori autonomi, interagenti con l'opera del lavoratore dipendente.
E’ il caso del fenomeno di esternalizzazione di alcune fasi del processo produttivo, meglio conosciuto come outsourcing.

Per la Cassazione le norme sulla sicurezza impongono ai datori di lavoro, ai dirigenti ed ai preposti di rendere edotti i lavoratori dipendenti dei rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e pongono sempre e comunque lo stesso obbligo a carico degli stessi soggetti nei confronti dei lavoratori autonomi che siano chiamati a prestare la loro opera, con esclusione dei rischi propri dell'attività professionale o del mestiere che il lavoratore autonomo è incaricato di prestare.
Per la Cassazione il datore di lavoro è altresì responsabile dei comportamenti omissivi possono consistere o nel mancato apprestamento di misure organizzative e fisiche di sicurezza, o in mancata informazione circa i rischi della lavorazione, ed in entrambi i casi, il danno può derivare non solo da comportamenti del datore di lavoro o di suoi dipendenti e comunque da fattori rientranti nel suo dominio diretto, ma anche da comportamenti di terzi.

Fatto e diritto
Un autista dipendente di una ditta di autotrasporti ha subito un infortunio sul lavoro per il quale l'Inail gli ha liquidato una rendita pari ad un grado di inabilità del 93%,
Infatti guidando una autocisterna stava effettuando operazione di riempimento di olio combustibile, per svuotamento di un oleodotto della società presso la quale era stato distaccato; le operazioni di trasferimento dell'olio erano effettuate da personale dipendente di altra società, secondo modalità tecniche disposte dalla stessa. Il dipendente era salito sulla cisterna dell'autobotte per controllare il livello di riempimento dell'olio, quando la manichetta che collegava l'oleodotto all'autobotte si è staccata violentemente colpendolo in pieno viso, provocandogli danno oculare permanente.

Le decisioni del Tribunale e della corte di Appello
La sua domanda di condannare l’ex datore di lavoro a pagargli la somma di Lit. 993.841.500 a titolo di danno differenziale (biologico e morale), era stata respinta dal Tribunale, ma poi accolta dalla Corte d'appello in quanto:
a) le modalità tecniche di svuotamento dell'oleodotto (che collega la raffineria con la centrale elettrica Enel di omissis) mediante iniezioni di azoto erano state stabilite dalla società permesso la quale lavorava il dipendente stesso;
b) la ditta aveva il compito di assistere l'operazione avendo un contratto di manutenzione con la omissis;
c) il tubo era stato sistemato, come sempre, dai dipendenti della omissis, ed era della ditta appaltatrice;
d) il dipendete si trovava sulla cisterna dell'autobotte, munito di elmetto regolamentare di sicurezza, secondo le disposizioni del proprio datore di lavoro, per controllare il livello di riempimento dell'olio in corso di caricamento;
e) il distacco violento della manichetta si è verificato per la pericolosa tecnica di iniezioni di azoto adottata dalla omissis.
Sulla base di tali circostanze di fatto, la Corte di Appello aveva individuato la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. nel non avere accertato preventivamente se le modalità di svuotamento dell'oleodotto decise ed attuate da terzi potessero essere pericolose per il dipendente in relazione ai compiti assegnatigli ed alla posizione in cui si trovava al momento dell'infortunio.
Per la corte di Appello la ditta non avrebbe potuto interferire nella scelta delle modalità di esecuzione del lavoro, ma ha affermato che essa avrebbe potuto e dovuto vietare al dipendente di effettuare il lavoro in quella posizione, se avesse preventivamente accertato che le modalità di svuotamento dell'oleodotto stabilite dai terzi erano oggettivamente pericolose.
La situazione di pericolo del dipendente peraltro derivava non solo dalla possibilità di caduta dall'alto, ma anche dalla vicinanza del tubo a pressione con il quale veniva caricato nella cisterna l’olio combustibile.
E che tali modalità fossero pericolose è dimostrato dallo stesso infortunio: la tecnica utilizzata (iniezioni di azoto) ha determinato delle fuoruscite di gas che hanno strappato la manichetta che collegava l'oleodotto alla cisterna.
Ha quindi determinato il danno in Lit. 979.198.500, pari ad Euro 505.713,82, con l'ausilio di una c.t.u. medico legale.
Contro tale sentenza la società hanno proposto ricorso per Cassazione gli eredi rappresentasti dal curatore.
Per il datore di lavoro egli aveva adempiuto correttamente al proprio obbligo di prevenzione dei rischi e di controllo sulla osservanza delle misure predisposte fornendo al dipendente sia l'elmetto di protezione, che l'autista infatti indossava al momento dell'infortunio, sia la sicurezza della salita sul tetto della cisterna provvisto di apposita scala. Peraltro il datore di lavoro ha sostenuto che la tecnica di svuotamento adottata mediante iniezioni di azoto è di per sé sicura, in linea generale, ed è diventata pericolosa solo in rapporto alle particolari condizioni dell'oleodotto, intasato.
Questa ultima circostanza costituisce un fatto eccezionale, come tale imprevedibile dal dipendente, assimilabile al caso fortuito, che esclude la responsabilità ex art. 2087 c.c..

La decisione della Corte di Cassazione
Per la corte di Cassazione il datore di lavoro è sempre il responsabile del dipendente e tale responsabilità discendere da fatti commissivi o da comportamenti omissivi
i comportamenti omissivi possono consistere nella mancata osservanza di norme specifiche di legge, oppure dettate dalla prudenza e dalla esperienza, in relazione alla particolarità del lavoro ed allo sviluppo tecnologico sia nella organizzazione del lavoro, sia nelle tecniche di prevenzione, secondo il dettato dell'articolo 2087 c.c., che costituisce norma di chiusura del sistema antinfortunistico, estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente considerate dalle norme antinfortunistiche specifiche
Le norme sulla sicurezza impongono ai datori di lavoro, ai dirigenti ed ai preposti di rendere edotti i lavoratori dipendenti dei rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e pongono sempre e comunque lo stesso obbligo a carico degli stessi soggetti nei confronti dei lavoratori autonomi che siano chiamati a prestare la loro opera, con esclusione dei rischi propri dell'attività professionale o del mestiere che il lavoratore autonomo è incaricato di prestare.
Il datore di lavoro è altresì responsabile dei comportamenti omissivi possono consistere o nel mancato apprestamento di misure organizzative e fisiche di sicurezza, o in mancata informazione circa i rischi della lavorazione, ed in entrambi i casi, il danno può derivare non solo da comportamenti del datore di lavoro o di suoi dipendenti e comunque da fattori rientranti nel suo dominio diretto, ma anche da comportamenti di terzi;
In ogni caso l'obbligo di sicurezza si estende a tutto l'ambiente lavorativo nel quale è chiamato ad operare il dipendente
In termini egualmente incisivi la giurisprudenza penale di questa Corte:
- il subappaltante che deve eseguire, all'interno del cantiere predisposto dall'appaltatore, un'opera parziale e specialistica, ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro;
- l'esistenza di un contratto d'opera non vale a traslare il rischio connesso all'esecuzione dei lavori e l'obbligo di tutela della sicurezza;
- il committente è tenuto a cooperare con l'appaltatore nell'apprestamento delle misure di prevenzione se si tratta di misure dirette a tutelare l'incolumità dei dipendenti del committente e di quelli dell'appaltatore
Per la Corte di Cassazione il ricorso è stato quindi respinto in quanto l'imprenditore, nei casi di esternalizzazione di alcune fasi del processo produttivo, ha l'obbligo di accertare i rischi per qualsiasi motivo conseguenti all'affidamento dei lavori commissionati a soggetti terzi, al fine di rendere edotti i propri dipendenti della sussistenza (o permanenza) di situazioni di pericolo e al fine altresì di munirli di dispositivi di sicurezza idonei a eliminare le situazioni di pericolo riscontrate, configurandosi, in caso contrario, una responsabilità dell'imprenditore per l'infortunio subito dal dipendente per la mancata conoscenza dei pericoli cui è stato esposto.

Allegato
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 7 gennaio 2009, n. 45