«Le proposte della CGIL per uscire dalla crisi»
Assemblea pubblica in preparazione dello sciopero generale del 12 dicembre 2008
Si è svolta questo pomeriggio presso la sala Amga di Genova l’assemblea pubblica organizzata dalla Camera del Lavoro di Genova contro la politica del Governo.
La crisi finanziaria in corso è ormai una crisi globale e ancora non si conoscono le effettive ricadute nel nostro paese e sulle condizioni di vita di lavoratori e pensionati. Già oggi assistiamo a un profondo peggioramento dell’economia reale perché gli effetti della crisi si stanno propagando in tutto il sistema produttivo e dei servizi.
La CGIL ha scelto di dibattere questi temi sui luoghi di lavoro, ma anche in iniziative pubbliche come quella di oggi. Le politiche sbagliate del Governo sono alla base dello sciopero generale del prossimo 12 dicembre «I motivi dello sciopero sono diversi e sono legati al merito delle proposte che la Cgil propone per affrontare la crisi. Siamo di fronte ad una fase nuova, senza precedenti» commenta Walter Fabiocchi Segretario Generale della Camera del Lavoro e continua «La crisi è partita un anno fa dagli Stati Uniti e sta investendo l’Europa e anche il nostro Paese. Il punto oggi è di capire come affrontarla. Dovremo infatti fare i conti con problemi occupazionali molto seri, con l’espulsione dal mercato del lavoro dei precari, dei lavoratori con contratto a tempo determinato e se gli effetti saranno ancor più pesanti, saranno coinvolti anche i lavoratori con contratto a tempo indeterminato. In aggiunta, già stiamo vivendo una caduta dei consumi e dei redditi che ci sta portando ad un impoverimento generale. Per questi motivi credo sia necessaria una strategia incisiva e determinata» In questo quadro la Cgil propone una serie di interventi radicali quali l’estensione dei sistemi di protezione, non solo ad alcuni lavoratori, ma a tutti coloro che ne hanno diritto come i precari e a tutte quelle categorie e piccole imprese che ancora ne sono escluse; la cassa integrazione ha dei tetti molto bassi e per questo la Cgil ne chiede un adeguamento economico e temporale. Il secondo tema è quello dell’adeguamento degli strumenti formativi e di riqualificazione dei lavoratori.
Per Fabiocchi «Tutto questo ha bisogno di investimenti: il primo esempio praticabile è quello di stornare dalla detassazione degli straordinari - oggi più che mai assolutamente inutile - quelle risorse che possono essere utilizzate orientandole verso gli ammortizzatori sociali. L’altra questione è l’intervento sui redditi. Qui c’è bisogno di agire con uno strumento della politica anti ciclica ossia la ripresa dei consumi che va favorita, appunto, con l’adeguamento dei redditi da lavoro dipendente e da pensione. Questa cosa non può essere fatta con risorse marginali, non può essere affrontata con provvedimenti «spot» o una tantum; anche in questo caso la Cgil promuove due tipi di intervento: uno immediato sulle tredicesime, detassandole e portando nelle tasche dei lavoratori una cifra significativa, il secondo è un intervento più strutturale e cioè il recupero del fiscal drag, abbassare la tassazione sui redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati (così come, tra l’altro, avevamo scritto nella piattaforma unitaria con Cisl e Uil non più tardi di un anno fa), permettendo a queste fasce di popolazione di affrontare la crisi dei mesi a venire». Una manovra anticiclica deve comprendere anche investimenti infrastrutturali immediatamente cantierabili. A questa che a grandi linee può rappresentare la «ricetta» cha la Cgil propone al Governo e alle altre forze sociali, va aggiunta una protezione e una difesa dello stato sociale, tralasciando provvedimenti populisti e inutili come i bonus bebè o le social card. E concludendo Fabiocchi ricorda «Credo sia doveroso sanare una brutta frattura sociale che si andrebbe a creare nei confronti dei lavoratori stranieri se non venisse sospesa la Bossi Fini; nel caso in cui un immigrato perdesse il proprio lavoro a causa della crisi economica e finanziaria mondiale, oltre al danno subirebbe anche la beffa di vedersi espulso dal nostro Paese».
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