19 aprile 2024
Aggiornato 20:30
Sarà forse possibile dare un nome ai progenitori del Prosecco

Dal Veneto all’Ararat, alla ricerca delle origini del Prosecco

Manzato: «La ricerca ci aiuterà a capire il percorso della vite e del vino»

Nella prossima primavera, comparando il DNA di vecchi vitigni che crescono sulle pendici del Monte Ararat con le migliaia di sequenze genetiche contenute nei data base del Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano, sarà forse possibile dare un nome ai progenitori del Prosecco, definire le parentele di molti altri vitigni europei e, in definitiva, ricostruire il percorso per giungere fino ai luoghi dove oggi sono coltivati con grande successo.

Sarà questo l’esito della spedizione compiuta la scorsa estate da un gruppo di sedici camperisti, guidati dal vicepresidente nazionale della Confederazione campeggiatori e presidente del Campeggio Club di Conegliano Sergio Sanson. Lo stesso Sanson, assieme a due compagni di spedizione, il vicentino Pierantonio Bevilacqua, presidente della Federazione campeggiatori del Veneto, e il veronese Giuseppe Silvestrini, ha illustrato oggi a Palazzo Balbi di Venezia i risultati del viaggio, affiancato dal vicepresidente della Giunta regionale del Veneto Franco Manzato, dall’assessore comunale di Conegliano Loris Zava (il Comune, assieme alla Provincia di Treviso, è tra i patrocinatori dell’iniziativa) e dal direttore del Centro di ricerca sulla vitivinicoltura Angelo Costacurta.

L’aspetto scientifico della spedizione va al di là del tentativo di trovare il «padre» e la «madre» del Prosecco, vitigno cha dà uno dei più famosi vini del Veneto, tra i più apprezzati spumanti a livello mondiale, ma che è un «trovatello» nel contesto delle varietà viticole conosciute. «La ricerca ci aiuterà a capire il percorso della vite e del vino – ha sottolineato Manzato – e il perché delle mutazioni che hanno contrassegnato questa pianta nel suo cammino iniziato circa 10 mila anni fa accompagnando i popoli che hanno diffuso la civiltà nel Mediterraneo e in Europa, partendo proprio dall’Armenia e dall’Ararat dove la pianta sembra aver avuto origine. Un percorso – ha fatto presente Manzato – che evidenzia una volta di più i pericoli della banalizzazione e dell’impoverimento della biodiversità che può derivare dal mercato globale, dove oggi si confrontano i vini di territorio che si sono storicamente affermati ed evoluti in Europa con i monovitigni internazionali tutti eguali prodotti nel resto del mondo». «La spedizione – ha ricordato l’assessore comunale Zava – ha preso le mosse dal conferimento del premio Civilitas, istituito dall’Associazione Dama Castellana di Conegliano, all’allora ministro degli esteri della repubblica dell’Armenia Vartan Oskanian, che ha suggerito l’iniziativa, alla quale hanno collaborato anche i Padri Mechitaristi dell’Isola degli Armeni di Venezia».

L’idea è poi stata fatta propria e realizzata da Sergio Sanson e da alcuni altri avventurosi camperisti, con il supporto scientifico del Centro di ricerca in vitivinicoltura, che hanno realizzato un viaggio durato quasi un mese, metà del quale per gli spostamenti e gli attraversamenti confinari, culminato nella ricerca e nella «marcatura di molte antiche viti attorno al Monte Ararat, i cui tralci saranno inviati dopo la vendemmia al Centro di Conegliano perché ne legga e trascriva il DNA, in modo da capire le «parentele» con le «oltre 5 mila varietà che abbiamo già catalogato – ha spiegato Costacurta – tra le circa 20 mila esistenti al mondo». «E’ stato un viaggio tutt’altro che facile – ha ricordato dal canto suo Sanson – terminato fortunatamente proprio nei giorni antecedenti agli eventi bellici che hanno interessato la confinante repubblica della Georgia, che ha toccato località dalla storia antichissima, per la vite e l’intera umanità, all’interno di un paese che somiglia molto al Veneto come ricchezza di territorio, anche se posto ad una altitudine media notevolmente superiore». «Qui, con la piena collaborazione delle autorità armene, abbiamo individuato i vitigni più vecchi e meno intaccati dalle moderne pratiche colturali, presenti in particolar modo nei dintorni dei più antichi insediamenti: monasteri anche del V secolo, castelli, villaggi dalla storia remotissima. Li abbiamo segnati e le autorità armene ci spediranno materiale genetico fresco che non avremmo altrimenti potuto portare con noi senza che si deteriorasse nel lungo viaggio di ritorno». Dall’esame che ne verrà fatto sarà appunto possibile ricostruire non solo il percorso dei diversi vitigni, ma anche quello compiuto dall’uomo agli albori della civiltà.