20 agosto 2025
Aggiornato 22:30
Il furto degli animali negli allevamenti è un fenomeno in crescita

Furto tori: torna abigeato. Rubati 100mila animali/anno

Sgominato una organizzazione ritenuta responsabile del furto di 140 tori da un allevamento di Magnacavallo, in provincia di Mantova

Il furto degli animali negli allevamenti è un fenomeno in crescita tanto che si stima che quasi centomila animali sono stati fatti sparire dalla malavita nelle campagne in un anno per essere destinati alla macellazione clandestina. E' quanto afferma la Coldiretti nell'esprimere apprezzamento per l'operazione dei carabinieri del nucleo operativo di Gonzaga che ha sgominato una organizzazione ritenuta responsabile del furto di 140 tori da un allevamento di Magnacavallo, in provincia di Mantova.

Le numerose denunce degli allevatori hanno evidenziato - sottolinea la Coldiretti - un ritorno dell'abigeato, ovvero la sottrazione di bestiame alle aziende agricole, che era un reato molto diffuso nel passato ed è presente nel diritto penale italiano come aggravante del furto. Ad essere colpiti sono mucche, cavalli, maiali ma anche pecore e agnelli. Gli animali rubati - precisa la Coldiretti - alimentano il fenomeno della macellazione clandestina particolarmente pericoloso anche per la salute dei cittadini perché privo delle necessarie garanzie sanitarie che devono necessariamente accompagnare il bestiame.

L'importante operazione dei carabinieri evidenzia - continua la Coldiretti - quanto pesanti siano i fenomeni malavitosi che si sviluppano a danno delle campagne che sviluppano, secondo il rapporto della direzione nazionale antimafia (Dna), un giro di affari di 7,5 miliardi di euro, tra furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, del cosiddetto pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell'Unione europea e caporalato.
La criminalità organizzata che opera nelle campagne secondo la direzione antimafia «incide più a fondo nei beni e nella libertà delle persone, perché, a differenza della criminalità urbana, può contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili». Si tratta dunque di lavorare per il superamento della situazione di «solitudine» invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma anche attraverso - conclude la Coldiretti - il riconoscimento delle imprese e delle famiglie che operano e vivono in campagna quale tessuto sociale garante di una legalità diffusa, di una nuova inclusione sociale e di prevenzione della criminalità.