2 maggio 2024
Aggiornato 06:30
Vigliano Biellese

Emigrazione, in scena al teatro Erios

Questa sera alle 21 rappresentazione sul tema dell'emigrazione, «Un aeroplano a vela». Testo e regia Renato Iannì, musiche Gianmaria Testa. Ingresso intero 15 euro, ridotto 10 per minorenni e over 65.

VIGLIANO BIELLESE - Sarà in scena al teatro Erios, venerdì 7 luglio alle 21, «Un aeroplano a vela», la nuova produzione del Teatro Stabile di Biella in collaborazione con l'assessorato alla cultura del comune di Vigliano Biellese e del laboratorio teatrale ScenAperta. Ingresso 15 euro, ridotto 10 euro fino a 18 anni e oltre i 65. Accompagnano il viaggio le splendida musiche di Gianmaria Testa, nato nel ‘58 nelle Langhe in Piemonte, scoperto in Francia. Nove cd da «Montgolfières» del ’95 a «Men at work» del 2013. Oltre 3000 concerti sui palcoscenici più prestigiosi in tutto il mondo, con esauriti dappertutto, a partire dall’Olympia di Parigi.

LA RAPPRESENTAZIONE - Testo e regia sono di Renato Iannì. Lo spettacolo, che fonde teatro di ricerca a teatro popolare, affronta il tema dei migranti già utilizzato in altre due sue produzioni, che rasenta l'eterna attualità. Partendo dall’esperienza del precedente «Zattere e Zavorre», di cui conserva una parte, ora sono gli italiani al centro della narrazione, quelli che partivano per le Americhe, che affrontavano l’Oceano su navi-carcasse con l’eterno carico di miseria e di speranze, di sofferenze e di sogni. Sono i protagonisti del racconto, fra i tralicci dei grattacieli in costruzione di New York, nei bordelli a vendere il proprio corpo perchè unico avere per domare la fame; nei manicomi che il governo americano teneva nascosti all’opinione pubblica; nelle stanze in cui si parlava di pane fatto in casa e di caffè, stirando e cucendo; nelle fabbriche di operaie bambine, prive di qualsiasi sicurezza o garanzia; nelle lotte per la libertà e la dignità; nelle piccole e grandi storie di tutti i giorni.

ALTRE OPERE - Nel 1999, con «Schifo» di Robert Schneider, Iannì ha raccontato la storia di un emigrato iracheno, venditore di rose, con una forza evocativa che oscillava fra la nostalgia della propria terra e la rabbia verso il proprio destino. Era un testo sui rapporti con lo ‘straniero' di turno, che viene emarginato perché considerato responsabile di ogni problema sociale, ma nello stesso tempo viene sfruttato e privato della sua stessa dignità umana, come se facesse «schifo». Del 2012, con «Zattere e Zavorre», spogliando i fatti da ogni strumentalizzazione faziosa, il racconto di storie vere e simili del nostro e di altri popoli: storie di arrivi e di partenze, di gente nera e bianca, sin dal primo Novecento, quando anche gli italiani emigravano, spesso trattati come inutili zavorre che viaggiavano su navi sicure come zattere.