24 marzo 2025
Aggiornato 17:30
Visita al Coroneo

Trieste: carcere duro, ma è il meno "disumano" del Fvg

I detenuti vagano nei corridoi tutto il giorno e lavano i panni sotto le docce. Lauri: “Le statistiche dimostrano che la rieducazione abbatte il rischio di recidiva: la Regione sta per intervenire in tal senso”

TRIESTE - «Il carcere di Trieste è il meno ‘disumano’ in regione. Quindi lascio immaginare gli altri». Queste le parole del garante regionale per i diritti alla persona Pino Roveredo in seguito alla visita alla Casa circondariale di Trieste in via Coroneo per valutare le condizioni in cui versano i detenuti del capoluogo giuliano. Insieme a Roveredo, il consigliere regionale Giulio Lauri, i rappresentanti dell'Osservatorio carcere dell'Unione camere penali italiane Riccardo Polidoro e Giuseppe Cherubino, il presidente della Camera penale di Trieste Alessandro Giadrossi e la referente dell'Osservatorio carcere della Camera Alessandra Devetag.

Costretti a vagare
La visita è stata resa necessaria in seguito a un’invasione di cimici da letto, questione non risolta ma contenuta dal cambio dei materassi e dall’acquisto di un dispositivo a vapore per la disinfestazione. Sono stati tuttavia rilevati problemi più gravi. Innanzitutto nella struttura manca una vera direzione da 5 anni, la direttrice è Silvia della Branca, che ha in carico anche l’istituto carcerario di Tolmezzo. Questa struttura gestisce situazioni di massima sicurezza e assorbe quindi gran parte delle energie della direzione.
«I detenuti del Coroneo sono in tutto 201 – spiega Lauri - di cui più della metà stranieri, e ciononostante non esiste un mediatore cultrurale in grado di farli comunicare con gli altri, personale compreso. Oltre a questo, mancano del tutto spazi di socialità condivisa: in base alla norma vigente, tutti loro dovrebbero rimanere in cella solo per dormire, ed essere impegnati in altre attività durante il giorno. La questione è stata risolta aprendo semplicemente le porte delle celle e lasciandoli vagare nel corridoio antistante».

Mancano risorse
Sono state citate situazioni limite: «Non ci sono lavatrici, sono stati installati gli scarichi ma poi sono mancati i finanziamenti e adesso i detenuti devono lavare i vestiti nelle docce, dentro un secchio» specifica Devetag.
«Il personale carcerario è in sottonumero – continua Roveredo – ci sono solo tre educatrici per 201 persone, e anche la sorveglianza è carente: un detenuto ha dovuto rinunciare a una visita medica perché il poliziotto che avrebbe dovuto accompagnarlo è stato impegnato in un’emergenza».

Un problema della Giustizia italiana
È stata inoltre smentita da tutti la ‘risoluzione del sovraffollamento’, millantata dal ministro Orlando: «L’Europa ci sta ancora ‘bacchettando’ per questo problema – spiegano gli avvocati dell’osservatorio Ucpi – che è derivato da un uso smodato dell’incarcerazione per custodia cautelare: basti pensare che il 43 percento dei detenuti a Trieste è in attesa del processo, 80 persone in tutto (di cui 58 aspettano addirittura la sentenza di primo grado). Sono soggetti senza condanna defiinitiva, situazioni che potrebbero risolversi come pena non dovuta. Il fatto più grave – concludono gli avvocati - è che non c’è attualmente alcuna attività trattamentale e di rieducazione»

Investire nella formazione
Lauri ha poi fornito dei dati significativi: «Le statistiche dimostrano che una pena detentiva senza un progetto di rieducazione per il reinserimento in società, porta a un tasso di recidiva del 70 percento. Per contro, quando vi è una sanzione alternativa e formativa, la percentuale scende al 10 percento».
«A questo proposito – continua Lauri – la Regione sta investendo 1 milone e mezzo di Euro del Fondo sociale Europeo per corsi di formazione (tra cui pulizia e sanificazione, manutenzione edilizia e gestione aziende agricole), che interesseranno 400 persone nel Fvg»
Sono stati poi citati casi virtuosi come la pasticceria Giotto di Padova, gestita da ex detenuti, ed è stato rimarcato che il denaro investito in rieducazione carceraria non è uno spreco ma garantisce un ritorno per l’economia  e disincentiva il crimine reiterato.