2 maggio 2024
Aggiornato 15:00
L'analisi

A Gorizia il lavoro costa il 45% in più rispetto a Nova Gorica

Lo studio commissionato dalla Provincia: pressione fiscale superiore del 13% rispetto alla Slovenia, gli imprenditori scelgono di emigrare

GORIZIA - Non è una novità. In Slovenia, fare impresa, costa di meno. Colpa di una tassazione asfissiante e del costo del lavoro, che in Italia ha raggiunto livelli a stento sopportabili dai datori. C'è chi ha voluto mettere nero su bianco queste differenze, che provocano una vera e propria situazione di fiscalità di svantaggio per il territorio isontino: la Provincia di Gorizia ha così commissionato (gratuitamente) un'analisi allo studio associato di commercialisti Pella–Strizzolo di Monfalcone, che ha elaborato una ricerca puntuale, capace di mettere in luce le differenze tra Italia e Slovenia.

L'analisi
Il costo del lavoro, in Italia, è superiore del 45 per cento rispetto alla Slovenia: a fronte di una retribuzione lorda di 27.500 euro, i contributi per il dipendente italiano ammontano a 2.527 euro, ai quali vanno aggiunti l’Irpef (5.029 euro), l’addizionale regionale (307 euro) e i contributi a carico del datore di lavoro (9.075 euro), oltre all’Irap (1.426 euro); in sostanza, a fronte di una retribuzione netta di 19.637 euro, il lavoratore costa al datore 38 mila euro. E in Slovenia? A fronte di una retribuzione lorda di 22.500 euro, il datore di lavoro spende 26.123 euro, con appena 3.623 euro di contributi a proprio carico, 3.203 euro di deduzioni sul reddito e 2.985 euro di imposta netta. E, come detto, in Slovenia la pressione fiscale è inferiore rispetto all’Italia del 13 per cento.

La proposta
«L’obiettivo per il nostro territorio deve essere quello di attrarre capitali, aprendo agli investimenti privati e mettendo da parte definitivamente l’approccio assistenzialista. Abbiamo punti di forza forse unici in tutto il Nord Italia: abbiamo un’autostrada, un aeroporto, l’interporto, l’autoporto. Per partire, bisogna togliere la zavorra della fiscalità che definiremmo di svantaggio: la costituzione della Labour Belt potrebbe essere un punto dal quale partire, costituendo un’iniziativa di cooperazione territoriale transfrontaliera che potrebbe essere promossa da Governo e Regione», spiega il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta. L’obiettivo, come spiegato da Gherghetta, è l’armonizzazione del costo del lavoro nella fascia confinaria «superando forme di dumping sociale che costano al nostro Paese sia in termini di entrate che in termini di disoccupazione».