Intervista a Nicola Cavallaro, il primo chef mediatico
Il cuoco con la tastiera, antesignano dell'esposizione mediatica, strategia di comunicazione che in seguito convinse molti chef ad uscire dalle cucine per imperversare in televisione
Nick name Nico Piko, erano i primi anni 2000 e quasi nessuno in Italia sapeva cosa fosse un nick name, e in pochi avevano già registrato una mail personale. Tu invece eri già soprannominato dai colleghi - con sottile ironia - lo chef con la tastiera, quello che alternava il piano di lavoro della cucina con la scrivania del p.c. Quando hai cominciato a intuire l'importanza dell'esposizione mediatica? Quando e quali furono i tuoi primi approcci sul web?
Ho conosciuto il web vivendo per un bel periodo negli Stati Uniti e da li l’unico modo per seguire la nostra gastronomia era attraverso lo stesso. Ero per un periodo a Los Angeles e la strada in cui vivevo era Pico Boulevard. E il sogno era un ristorante che si potesse chiamare Nico @ Pico. Da li il nick name. Sono cosi approdato a vari forum enogastronomici come quello del Gambero Rosso o Idr. Per me la tastiera e saperla usare e fare delle ricerche è sempre stata fonte di grande informazione. Di apertura mentale. E confrontarsi con gli appassionati era per me importante. Perché oltre che un cuoco ero e sono come tutti quelli con cui interagivo e interagisco un grande appassionato
Dieci anni e tre ristoranti a Milano, sotto quattro insegne: Ama, L'Ape Piera, Nicola Cavallaro al San Cristoforo e infine Un Posto a Milano, questo geniale mix di buona cucina, wine bar, in un «cadre» accogliente e avvolgente all'interno, e fresco e spaesante all'esterno, perché qui è come stare in una cascina di campagna, e invece siamo quasi nel centro di Milano. Finalmente hai trovato casa? E perché invece in passato non hai trovato una continuità di lavoro, specialmente lungo i Navigli, che è anch'esso un buon posto dove fare il ristoratore.
La casa è un posto dove notoriamente per star bene c’è bisogno di pace. Perché un ristorante possa funzionare, devono amalgamarsi una serie di «ingredienti» che purtroppo o per fortuna nei locali precedenti non trovavano abbinamenti azzeccati. Per un locale è importante certo la location e quella di cascina cuccagna è unica nel suo genere. Oggi però e in una città come Milano il progetto è fondamentale. Quello che a Un posto a Milano curo con l’ausilio e il supporto di alcune altre persone è prettamente incentrato su prodotti straordinari che cerchiamo in tutta Italia e solo in Italia.
Un Posto A Milano, non è semplicemente "un posto qualsiasi", bensì un gran bel colpo di genio, perché qui ogni fascia di clientela trova quello che cerca, al prezzo che decide di investire, e senza grossi limiti di orari, all'aria aperta o al coperto. E ci sono pure delle camere a disposizione ... Come si fa a conciliare le attese e le esigenze di una clientela così varia? Imponi tu una linea concettuale di cucina oppure ti sei accodato alle richieste della gente?
Menu, semplici, piatti vegetariani, grande attenzione alle intolleranze alimentari. Il piatto che vorresti mangiare a casa ma non hai gli strumenti, la torta per i vegani, per i celiaci. Un menu dedicato ai bimbi. Una michetta con la mortadella che oggi è praticamente introvabile in città. Attenzione al gusto e alle esigenze della gente. Sul filo di un’idea che ho condiviso con L’associazione esterni che ha ideato il progetto e che io curo, con l’ausilio di una squadra giovane e ben motivata.
35 persone che ci lavorano, 5 soci, un fatturato importante, ma sai che ci sono parecchie situazioni simili in Italia (per fatturato) che arrivano a questo risultato facendo un decimo del numero di coperti che fate qui alla Cascina Cuccagna? Vale la pena sbattersi tanto per ottenere lo stesso risultato?
Il nostro è un posto dove abbiamo voluto e vogliamo rivolgerci alla gente, alle famiglie, ai giovani e ai meno giovani. Ai professionisti affermati e agli operai. Vale la pena sbattersi tutta la vita per vedere la soddisfazione dei bimbi mangiando le pappe che prepariamo li. Il sorriso di un pensionato che solo si siede a pranzo per una frittura di alici di lampara. O la faccia stupita del nostro panettiere che mangia una delle michette che prepariamo ogni mattina li.
Una proposta democratica, 160 coperti a disposizione a pranzo e a cena, ma anche a metà pomeriggio volendo fuggire per qualche momento dal caos del traffico milanese: un polmone verde inaspettato che piace a prescindere dalla personalità della cucina o anche qui la tua ambizione di cucinare piatti originali riesce ad emergere?
Non è necessario avere prodotti costosi per esprimere la propria creatività. Anzi, i tagli di carne difficili. Creare un piatto vegano che possa soddisfare chi non ama nutrirsi con prodotti di derivazione è una sfida continua. Fare un piatto per bambini che non finisca sempre nella solita cotoletta di pollo. Si questo soddisfa appieno le mie ambizioni. Anche se la voglia di crescere e mettersi in discussione credo sia parte integrante del mio modo di vedere la vita
Qualche anno fa al San Cristoforo la Michelin ti indicò come il probabile candidato per ricevere l'agognata stella, ma poi la promessa, come si dice, non fu mantenuta. Fu in quel momento che hai deciso di cambiare strada? Pizzeria, trattoria, osteria ... furono questi pensieri che ti portarono via da quel luogo che aveva tradito le tue (comprensibili) ambizioni?
Avevo capito da tempo che non era la strada che si confaceva alle mie idee, già prima che la rossa mi notasse facevamo serate che mi piaceva chiamare in trattoria, dove il menu si trasformava in un menu della nostra fantastica tradizione culinaria. La location del San Cristoforo se pur bellissima aveva delle carenze importanti soprattutto di raggiungibilità e parcheggio. Il mio vecchio ristorante non ha esattamente tradito. Mi piace pensare che sia stato parte di un percorso che probabilmente non era quello giusto
E quindi anche il rapporto con le Guide, con la critica gastronomica hanno perso ai tuoi occhi buona parte della loro importanza dopo quell'episodio, o ci sono giornalisti che scrivono di cucina che ancora stimi o che comunque ti piace leggere?
Le critiche le guide gastronomiche sono importanti ma non si può lavorare per esse. Ribadisco, meglio molto meglio lavorare per la gente. Quante stelle Michelin vale un locale che lavora e ha successo. Ho colleghi che da anni riempiono locali senza essere mai stati menzionati da nessuna guida. Lo fanno con passione e mettono nei piatti la loro voglia e la loro professionalità. Il loro successo, le loro stelle sono i clienti che ritornano e ti salutano chiamandoli per nome da anni. Questo è avere un locale di successo.
La persona che mi manca di più è sicuramente Stefano Bonilli, con lui ho avuto modo di confrontarmi discutere e litigare anche. Ma la sua esperienza e la sua capacità di saper interagire mancano e mancheranno tantissimo al mondo della ristorazione.
Stimo moltissimo Alberto Cauzzi amico e palato severo a cui non manca però lo spirito di autocritica e la voglia di confrontarsi. Leggo Passione Gourmet con molto interesse. Trovo che sia un gruppo che se non facessi ll mio mestiere mi piacerebbe far parte. Beh a dire il vero appena ho un attimo di tempo ho promesso loro un piccolo diario di viaggio della mia recente visita in Giappone. Un paese gastronomicamente parlando straordinario
Sulla tua giacca da chef oggi c'è scritto solo NIC, forse in ricordo delle origini mediatiche, quel Nick, Nico, che si è evoluto ancora più minimal in NIC. Di mezzo, da quel forum del Gambero Rosso, ci sono stati e continuano ad esseri i social. Quali utilizzi di più? Dove sei più presente? Quanti ti seguono in quel mondo ormai tutt'altro che virtuale?
Amo instagram, dove il mio nick name è sempre ancora «nicopiko», mi piace facebook e leggo anche se non scrivo molto Twitter. Lo conosco da quando era agli albori. Credo di essermi registrato nel 2009. Mi incuriosisce periscope che ho iniziato a seguire da poco.
Pubbliche Relazioni e Addetti Stampa. Uno chef di successo oggi deve badare a non sottovalutare neanche questi dettagli che in realtà non lo sono, in termini di popolarità e di reputazione. Immagino che anche su questo tema non sei rimasto indietro, ma secondo te è un costo necessario quanto improduttivo oppure una risorsa, un investimento?
Avere qualcuno che sa fare il proprio mestiere nel mondo delle pubbliche relazioni è molto importante, io a dire il vero sono un po’ burbero e pareccho fastidioso (sorriso) ma ci sto lavorando.
Chiudiamo con qualche suggerimento alternativo. Tre locali a Milano che frequenti quando non lavori o quando non sei su un campo di calcio a guardare tuo, figlio giocare ... e siccome la mamma è brasiliana, mi sembra un giusto investimento di tempo e di energie ... non si sa mai. Ma dicevo, quando hai del tempo libero dove vai a prendere un aperitivo, e poi indicaci un paio di locali "semplici ma buoni" a Milano, alla portata di tutti, come il tuo.
Il mi preferito in assoluto resta il Rita di via Fumagalli. C’è stato anche un cocktail ispirato da me nella sua carta. La Cieca e la Cieca Pink del mio amico Michele. Le Cantine Isola in Paolo Sarpi.
Mangio volentieri al Posto di conversazione e al Coniglio Bianco sui navigli. Aspetto che il mio Amico Matias Perdomo apra il suo nuovo locale. Amo i ravioli al Vapore di Rita Tzui, al Lon Fon. La cucina di Francesco di Pasta Madre. E la zuppa di Fave e Ciocoria di Teresa a Via Pavia. Un must