3 maggio 2024
Aggiornato 11:30
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Sven Marquardt, a Torino il fotografo clandestino della Berlino underground

A Torino fino al 12 gennaio, in un doppio spazio espositivo, 60 scatti in bianco e nero del famoso fotografo di moda che raccontano le trasformazioni di Berlino, prima e dopo il Muro

TORINO – 25 anni dalla caduta del Muro, 25 anni da quando la Storia è cambiata per sempre. Sven Marquardt è stato, ed è, il fotografo clandestino per eccellenza. Protagonista indiscusso della scena underground berlinese e front-man del Berghain, il club della capitale tedesca più famoso al mondo, oggi è internazionalmente riconosciuto come uno dei più grandi fotografi della Germania riunificata. Per la prima volta in Italia, Torino (Palazzo Saluzzo Paesana e cripte dell’ex cimitero di San Pietro in Vincoli, fino al 12 gennaio) ospita la bellissima personale a lui dedicata dal titolo «Götterdämmerung - Il Crepuscolo degli Dei». 60 scatti, rigorosamente eseguiti con tecnica analogica e stampa fotografica «fine-art» in bianco e nero, che raccontano l’evoluzione e le trasformazioni socio-culturali di Berlino dalla Guerra Fredda fino ad oggi.

DA FOTOGRAFO DI MODA A REPORTER DELLA BERLINO EST - Classe '62, Marquardt vive e lavora ancora oggi a Berlino. Dopo le prime esperienze come aiuto operatore alla DEFA, gli studi cinematografici di proprietà pubblica della RDT dove collabora con il fotografo Rudolf Schäfer, figura iconica della Germania Est, pubblica le sue prime fotografie sui periodici «Der Sonntag» e «Das Magazin». Parallelamente al lavoro di fotografo di moda, inizia a documentare la scena underground di Berlino Est. Dopo la caduta del Muro, Marquardt si immerge nella club-culture magmatica della capitale riunificata e smette per alcuni anni di fotografare. Quando ricomincia, lo fa sia proseguendo la sua ricerca personale sia nel mondo della moda: sua la campagna fotografica per Levi’s, realizzata durante la Fashion Week di Berlino nel 2011, e nel 2014 per Hugo Boss.

SCATTI ETERNI CHE RACCONTANO LA STORIA - Testimone dei cambiamenti che hanno attraversato la Germania degli ultimi trent’anni, Marquardt attraverso i suoi scatti riesce a eternizzare un microcosmo personale senza tempo: i soggetti ritratti e le atmosfere evocative si confrontano con la maestà del mito, passando dalla leggenda alla Storia. Ricordi reali e momenti di vita vissuta si rincorrono nella loro immediatezza non costruita, nella costante attesa di una sorta di intrusione da parte dello spettatore-voyeur. «Sven Marquardt, proprio come aveva fatto Wagner», ha commentato il curatore della mostra Eugenio Viola, «non concepisce il mito come passato inverato dalla storia, ma come presente che si presta a spiegare il passato, infondendo nei suoi personaggi malinconici, antieroi silenti di un Olimpo ormai dissoltosi per sempre, uno spirito universale in cui l'angoscia degli antichi dei si identifica con le nostre angosce, le nostre passioni, i nostri stessi ideali». I suoi ritratti, introspezione psicologica acutissima, suggeriscono significati altri, tutti da scoprire.