29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Storie di Torino

Torino magica: neppure i sovrani sono immuni dalla superstizione

Da re Vittorio Amedeo a Vittorio Emanuele II, nessun sovrano ha potuto dirsi immune alle suggestioni della superstizione. Con quali mezzi i Principi di Piemonte erano soliti difendersi dalle predizioni negative?

TORINO - Cosa succede se la profezia che ti viene dai tarocchi non ti aggrada? Se leggendoti la mano, il cartomante non vede gioia e felicità ma una morte nefasta? Dunque, se sei un sovrano superstizioso, è possibile che tu sia spinto a mettere in campo tutto ciò che è in tuo potere per scampare alla sorte avversa. E' questo ciò che tentarono di fare re Vittorio Amedeo e suo fratello, il Conte di Sales. Più indisponente ancora se la profezia coinvolge tutta la corte, come capitò a Vittorio Emanuele II. Tuttavia i sovrani di casa Savoia non sottovalutarono mai la sfortuna e cercarono sempre di combatterla con ogni mezzo a loro disposizione.

Maghi e indovini a Torino 
Non è un mistero che Torino sia legata a filo doppio a storie di magie e misteri. Per questa ragione in città brulicavano maghi e cartomanti fin dagli albori della dinastia Savoia. Fu così che un bel giorno re Vittorio Amedeo decise di consultare un indovino per farsi predire la sorte, in compagnia del fratello. La visione del presunto mago tuttavia fu tutt'altro che rosea. Ai due venne predetta una morte orrenda: il re si sarebbe spento in prigione, mentre a suo fratello sarebbe toccata una violenta decapitazione. I due potenti tuttavia non accettarono la nefasta profezia e se ne andarono, senza voltarsi in dietro. Se ne sarebbero pentiti da lì a poco, quando il Conte venne condannato con l'accusa di prevaricazione del governariato. A quel punto allora Vittorio Amedeo mise a frutto tutto il suo potere di re e graziò il fratello, evitando in questo modo che la previsione dell'indovino si avverasse. Ma questo non bastò a fermare la profezia: re Vittorio Amedeo infatti morì nel 1732, in prigione, proprio come gli era stato predetto tanti anni prima.

Le profezie di Don Bosco
Anche Vittorio Emanuele II ebbe a che fare con visioni e maledizioni e, anche lui, non riuscì a sfuggirne. A predire numerosi "lutti a corte" questa volta fu Don Bosco, in seguito all'emissione della legge sull'incameramento dei beni ecclesiastici e sulla soppressione dei conventi. Il sacerdote, dopo aver chiesto al re l'impedimento di tale legge, iniziò ad auspicare con disinvoltura la morte dei sovrani e queste, nello stesso anno, si verificarono inesorabili. Era il 1855 quando persero a vita la regina madre Maria Teresa, vedova di re Carlo Alberto;  Maria Adelaide, moglie del re; il fratello di Vittorio Emanuele II, Ferdinando Duca di Genova, poco più che trentenne e, infine, il piccolo Vittorio Emanuele, figlio del sovrano.

Come difendersi dalla cattiva sorte?
Pare che Vittorio Emanuele II fosse solito proteggersi dalla cattive profezie lasciando crescere per un anno intero le unghie degli alluci. Trascorso questo lasso di tempo, le unghie venivano tagliate per essere incastonate in oro ed essere utilizzare come amuleti porta fortuna. Sembrerebbe inoltre che il re fosse solito donare tali amuleti alle sue amanti. Anche re Umbeto I avrebbe posseduto uno di questi talismani, in quando il suo predecessore ne avrebbe fatto dono alla madre, la regina Maria Adelaide.